L’aggettivo molesto si intende in colui/colei provoca fastidio e danni ed è sgradito e sgradevole, difficile da sopportare. Deriva dal latino e ha la stessa radice di moles, il cui significato è «mole», «massa», «peso», ma anche «pericolo».
Le persone moleste sono perciò coloro che «ci pesano addosso» e che percepiamo come irritanti o addirittura minacciose, un’esempio concreto quelli dannosi incapaci di rispettare e considerare l’altro con il dovuto riguardo, procurandogli pertanto disagio per il loro comportamento invasivo, opprimente quando non anche francamente lesivo.
Diverse sono le categorie nelle quali possiamo collocare le persone di questo tipo. Le descrive Christian Albini nel suo piccolo libro Sopportare pazientemente le persone moleste, nel quale ci invita ad aver pazienza con gli altri come Dio con noi.
Se c’è la speranza che le persone che ci “molestano” possano cambiare, può essere sufficiente farlo notare agli interessati, dire loro che ci disturbano, che così non si fanno degli amici, che tutto ciò complica la loro vita e le relazioni con gli altri.
Altre volte non ci resta che prendere le distanze, o far capire loro in modo chiaro che ci sono dei limiti, dei “confini” da rispettare. Una terza via è quella di sopportare la persona così com’è. È quello che suggerisce san Paolo: «Portate i pesi gli uni degli altri».
Al fratello molesto e alla sorella fastidiosa è concesso essere come sono, aiutateli concretamente altrimenti siete ipocriti con voi stessi.
Se per è piuttosto masochista aiutare il prossimo, siete coloro che rientrano nel confiteor.
Il buon proposito è essere capaci di sopportare con sforzo, attività, resistenza, controllo, speranza che le cose cambino, facendo quello che è possibile perché questo avvenga.
La sopportazione deve essere reciproca. Del resto sia le famiglie, che le amicizie, che le comunità resistono solo così. Altrimenti è tutta fuffa.