Il grido di aiuto in quel “monoteismo assoluto” di Giobbe nella meditata fede che egli accetta non in una spiegazione logica, ma nel vero e proprio “mistero di Dio”.
In questa Lectio Divina svolta dal padre spirituale dellordine di malta, enuclea la contemplazione metafisica di quel progetto divino che trascende lo scibile umano e la logica che gli è propria.
La richiesta di aiuto di Giobbe pone questioni che concernono il rapporto tra Dio e l’uomo, le quali si focalizzano maggiormente sull’uomo, sul senso della nostra esistenza, sulla miseria della condizione umana che ovunque porta con sé le cifre di dolore, sofferenza e ingiustizia e soprattutto della loro incomprensibilità: perché si soffre? e soprattutto perché deve soffrire l’innocente?
Il dramma indistricabile del giusto che soffre, di una persona pia e ligia alla legge che, improvvisamente, viene colpita da sofferenze atroci e privata di ogni bene.
E poi, all’apice del suo dolore, esprime, con riflessioni estremamente toccanti, la sua doglianza a Dio, dove quest’ultimo, protagonista dall’inizio alla fine, diventa la lacerante tensione di un desiderio: Ricordati!
La necessità dolorosa di una parola che non ha risposta, si rivela poi in una possente teofania, lasciando tuttavia l’enigma di Giobbe e della nostra sofferenza, in un certo senso, aperto ai posteri.
Dio è convinto sostenitore della rettitudine del suo servo, perciò acconsente a metterlo alla prova, poiché sa che non lo deluderà.
Questo lamento di Giobbe non è per la sofferenza fisica in sé, bensì lo strazio di un fedele che crede profondamente nella giustizia divina, che si ritrova vittima di severa ingiustizia e che nonostante questo continua imperterrito a credere che Dio gli parlerà, lo salverà, perché ha fede nella sua giustizia.