
All’inizio del Cristianesimo continuò l’uso apostolico di celebrare la cena del Signore sotto l’aspetto gioioso di un pasto sacro ogni domenica – il dies domini – come appare per il 2° secolo dalla testimonianza del filosofo Giustino :
Nel giorno del sole (= domenica) coloro che abitano le città o le campagne si radunano in uno stesso luogo. Allora si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti… Poi quando il lettore ha finito, colui che presiede prende la parola per ammonire i presenti ed esortarli a seguire le belle lezioni udite. Quindi ci leviamo tutti in piedi, innalziamo preghiere e si portano il pane, il vino e l’acqua: colui che presiede innalza preghiere e azioni di grazie secondo le sue capacità e il popolo risponde: Amen (Apologia c. 66).
Il punto centrale di questa cena stava – come indica pure il nome – nel mangiare e nel bere. Ce lo documenta la prima preghiera liturgica a noi nota:
Quanto al rendimento di grazie, ringraziate così: anzitutto per il calice:
Ti rendiamo grazie, Padre nostro,
per la santa vita di Davide, tuo servitore
che a noi rivelasti Gesù, tuo Servitore.
A Te gloria nei secoli!
Per il pane spezzato:
Ti rendiamo grazie, Padre nostro,
per la vita e per la conoscenza,
che ci rivelasti per Gesù tuo Servitore.
A Te gloria neo secoli!
Come questo pane spezzato era prima sparso su per i colli e, raccolto, divenne una cosa sola, così si raccolga la tua chiesa dai confini della terra nel tuo regno; Poiché tua è la gloria e la potenza, per Gesù Cristo nei secoli!
Il popolo stesso portava all’altare il pane comune di tutti i giorni, il vino per il calice e l’olio per l’illuminazione; i più ricchi vi aggiungevano doni per i poveri. Queste offerte costituivano il sacrificio che i cristiani, secondo la profezia di Malachia, elevavano a Dio in ogni parte della terra.
I vescovi e gli scrittori che ne parlano non fanno altro che ripetere le parole di Gesù, sia pure accentuando la realtà della sua carne in senso antidoceta:
« L’Eucaristia è farmaco di immortalità » e « antidoto per non morire »: è « la carne del nostro Signore Gesù Cristo, che ha patito per i nostri peccati e che il Padre per sua benignità ha risuscitato ».
Dal 2° secolo i fedeli si portavano a casa un po’ di pane consacrato per conservarlo e mangiarlo in seguito. Spesso se lo tenevano addosso in un sacchetto di tela, per usarlo, quale talismano, nei viaggi e nei momenti di pericolo.
In alcuni casi lo ponevano in bocca a un cadavere quale viatico, come facevano i greci con l’obolo, per cui i vescovi dovettero intervenire e biasimare alcune pratiche superstiziose e talora persino sacrileghe.
Nei secoli 4° e 5° sorgono le prime timide spiegazioni del mistero eucaristico.