L’origine del Rosario è in seguito ai 150 Salmi di Davide che si recitavano nei monasteri. Nel tardo medioevo (850 d.C.), per ovviare alla difficoltà dei monaci conversi di imparare a memoria tutti i Salmi (spesso erano privi di istruzione e a volte nemmeno sapevano leggere), un monaco irlandese suggerì di recitare al posto dei Salmi 150 Padre Nostro.
La preghiera iniziò ad essere utilizzata anche al di fuori dei centri religiosi. Per contare le preghiere i fedeli avevano vari metodi, tra cui quello di portare con sé 150 sassolini, ma ben presto si passò all’uso delle cordicelle con 50 o 150 nodi.
Poco tempo dopo, come forma ripetitiva, si iniziò ad utilizzare anche il Saluto dell’Angelo a Maria, che costituiva allora la prima parte dell’Ave Maria.
Nel XIII secolo i monaci cistercensi svilupparono una nuova forma di preghiera che chiamarono “rosario”, perché la comparavano ad una corona di rose mistiche donate alla Madonna; la rosa è infatti il fiore “mariano” per eccellenza, simbolo della stessa “Ave Maria”.
Questa devozione fu resa popolare da san Domenico, si dice infatti che nel 1214 il fondatore dell’Ordine dei Predicatori ebbe un’apparizione della Madonna, dalla quale ricevette un rosario come strumento per l’aiuto dei cristiani contro le eresie.
Nel XIII secolo si svilupparono i Misteri del Rosario: numerosi teologi avevano già da tempo considerato che i 150 Salmi erano velate profezie sulla vita di Gesù.
Dallo studio dei Salmi si arrivò ben presto alla elaborazione dei Salteri di Nostro Signore Gesù Cristo, nonché alle lodi dedicate a Maria. Così durante il XIII secolo si erano sviluppati quattro diversi salteri: i 150 Padre Nostro, i 150 Saluti Angelici, le 150 lodi a Gesù, le 150 lodi a Maria.
Verso il 1350 si arriva alla compiutezza dell’Ave Maria come la conosciamo oggi. Questo avviene ad opera dell’Ordine dei certosini, che uniscono il saluto dell’Angelo con quello di Elisabetta, fino all’inserimento di «adesso e nell’ora della nostra morte. Amen».
All’inizio del XIV secolo i cistercensi, in particolare quelli della regione francese di Trèves, inseriscono le clausole dopo il nome di Gesù, per abbracciare all’interno della preghiera l’intera vita di Cristo.
Verso la metà del XIV secolo, un monaco della certosa di Colonia, Enrico Kalkar, introdusse prima di ogni decina alla Madonna, il Padre Nostro. Questo metodo si diffuse rapidamente in tutta Europa.
Sempre nella certosa di Trèves, all’inizio del 1400, Domenico Hélion (chiamato anche Domenico il Prussiano o Domenico di Trèves), sviluppa un rosario in cui fa seguire il nome di Gesù da 50 clausole che ripercorrono la vita di Gesù, i pensieri di Domenico il Prussiano erano divisi in gruppi di 10 con un Padre Nostro all’inizio di ogni gruppo.
Tra il 1435 e il 1445, Domenico compone per i fratelli certosini fiamminghi, che recitano il Salterio di Maria, 150 clausole divise in tre sezioni corrispondenti ai Vangeli dell’infanzia di Cristo, della vita pubblica, e della Passione-Risurrezione.
Nel 1470 il domenicano Alain de la Roche, in contatto con i certosini, da cui apprende la recita del Rosario, crea la prima Confraternita del Santo Rosario facendo diffondere rapidamente questa forma di preghiera: chiama Rosario «nuovo» quello con un pensiero all’interno di ogni Ave Maria, e Rosario «vecchio» quello senza meditazione, con solo le Ave Maria.
Alain de la Roche riduce a 15 i Misteri (suddivisi in gaudiosi, dolorosi, gloriosi). In Italia venne diffuso grazie alle Confraternite del Rosario, fondate da Pietro da Verona, santo appartenente all’Ordine domenicano.
Il primo documento ufficiale della Chiesa cattolica risale al secolo XV, con papa Sisto IV, che nella bolla “Ea quæ ex fidelium” del 12 maggio 1479, afferma che la pratica del Rosario era anticamente diffusa nelle diverse parti del mondo e, caduta in disuso, era stata di recente ripristinata, invitando i cattolici alla recita quotidiana del salterio mariano con le 150 salutationes, tante quante i salmi davidici, precedendone ogni decina da un pater ed assegnando a tale pratica varie indulgenze. Dal 1478 ad oggi si contano oltre 200 documenti pontifici sul Rosario.
Francesco Longhi, Madonna del Rosario tra i santi Domenico e Caterina, 1610.
La struttura medievale del Rosario fu abbandonata gradualmente con il Rinascimento, e la forma definitiva del Rosario si ha nel 1521 ad opera del domenicano Alberto di Castello.
San Pio V, domenicano, fu il primo «Papa del Rosario». Il 17 settembre 1569 emanò la bolla “Consueverunt Romani Pontifices” con la quale venivano stabilite le precise modalità per la recita del rosario.
Nel 1571, anno della battaglia di Lepanto, papa Pio V chiese alla cristianità di pregare con il rosario per chiedere la liberazione dalla minaccia turco-ottomana. La vittoria della flotta cristiana, avvenuta il 7 ottobre, venne attribuita all’intercessione della Vergine Maria, invocata con il Rosario. In seguito a ciò il papa introdusse nel calendario liturgico per quello stesso giorno la festa della Madonna della Vittoria, che poi il suo successore, papa Gregorio XIII, trasformò in festa della Madonna del Rosario.
La festa da allora si celebra il 7 ottobre di ogni anno.
Leone XIII, con le sue 12 Encicliche sul Rosario, fu il secondo «Papa del Rosario».
Sempre nel XVI secolo si ha la fissazione definitiva dell’ultima parte dell’Ave Maria, che nella parte finale aveva numerose varianti locali.
I domenicani promossero anche la Confraternita del Rosario Perpetuo (chiamata anche Ora di Guardia, fondata nel 1630 dal padre Timoteo de’ Ricci, si impegnava ad occupare tutte le ore del giorno e della notte, di tutti i giorni dell’anno, con la recita del Rosario), la Confraternita del Rosario Vivente (fondata nel 1826 dalla terziaria domenicana Pauline-Marie Jaricot).
Papa Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae del 16 ottobre 2002, introduce facoltativamente i misteri luminosi incentrati sulla vita pubblica di Gesù.
Altri personaggi che hanno contribuito alla diffusione di questa preghiera sono san Luigi Maria Grignion de Montfort con il suo libro Il segreto ammirabile del Santo Rosario, e il beato Bartolo Longo (fondatore del Santuario e delle opere di carità di Pompei) considerato l'”Apostolo del Santo Rosario”.
Un altro impulso si ebbe nei secoli XIX e XX con le apparizioni di Maria a Lourdes e a Fatima.
La veggente di Fatima, Lucia, ha affermato che «da quando la Vergine SS. ha dato grande efficacia al S. Rosario, non c’è problema né materiale, né spirituale, nazionale o internazionale, che non si possa risolvere con il S. Rosario e con i nostri sacrifici».
E ancora: «Lo scadimento del mondo è senza dubbio frutto della decadenza dello spirito di preghiera. È stato in previsione di questo disorientamento che la Madonna ha raccomandato con tanta insistenza la recita del Rosario».
La “Madonna del Santo Rosario” è venerata nel Pontificio santuario di Pompei.
Una possibile etimologia della parola “rosario” è da rintracciare nella parola sanscrita japa-mālā (जपमाला), letteralmente “ghirlanda” (mālā) “per preghiere” (japa).
La parola japa-mālā è in uso da millenni per indicare la corona per le preghiere presso le popolazioni dell’India.
Come indicato dallo studioso di lingue indiane A. F. Weber (1825-1901), cambiando la “a” breve di japa (जप) con la “ā” lunga, si ottiene japā (जपा), che non significa più “preghiera”, ma “rosa”.
Quindi japā-mālā viene a significare ghirlanda o corona di rose, di cui il latino rosarium potrebbe rappresentare un calco. Poiché però il sanscrito è stato conosciuto in occidente soltanto a partire dal XVIII secolo, mentre il termine rosarium è almeno di origine tardo-medievale, è improbabile che il supposto calco sia stato fatto direttamente dal sanscrito.
Fonte
Wikipedia