Nel proprio preambolo la costituzione apostolica ha una posizione di servizio che deve occupare la Curia romana, tanto nei confronti del papa quanto nei confronti dei vescovi, in quanto è ad essi che, per istituzione divina, dunque in modo inammissibile, viene affidata la responsabilità prima della missione e dell’unità della Chiesa.
La Curia non s’interporrà pertanto, è scritto, tra il primo ed i secondi, come grado intermedio d’autorità. Questo è il principio.
Ma si è potuto notare come l’attuale riforma, attraverso un buon numero di proprie disposizioni, conduca a rafforzare singolarmente il potere papale. Che ne è di quello dei vescovi?
Senza dubbio il tempo mostrerà quali forme concrete assumerà il «salutare decentramento» al servizio del «mistero della comunione» ch’è la Chiesa, al di là o al di sotto di quel che viene predicato.
Al di là se, ad esempio, il cammino sinodale tedesco divenisse il modello di ciò che, senza esser raccomandato, fosse accettato o in ogni caso non condannato.
Al di sotto se la pesantezza amministrativa della Curia e delle conferenze episcopali avesse impedito qualsiasi modifica importante.
Al di sotto ancora se, a seguito di un prossimo conclave e per volontà di un nuovo papa, la Curia ed il Sinodo dei vescovi venissero arruolati al servizio di un nuovo cambio di rotta, come i pontificati di Giovanni Paolo II e di Francesco hanno mostrato.
Fonte
resnovae.fr