Dedicarsi o rendersi liberi per la lettura divina: in senso proprio la lectio divina denota la lettura della Bibbia, la necessità della lettura frequente e assidua. Il salmista cantava: “Beato l’uomo . . . il cui diletto è nella legge del Signore, e su quella legge medita giorno e notte” (Sl 1:1,2). La Scrittura costituire lo strumento imprescindibile – e spesso unico – della formazione del credente e del suo itinerario spirituale fino all’incontro con Dio.
La lectio divina (lettura divina) è la formula con cui si indica questa lettura approfondita, l’assimilazione della parola di Dio attraverso la lettura.
La Bibbia costituisce la lettura essenziale, frequente e assidua del credente. La Scrittura alimenta abbondantemente la vita del credente, soprattutto attraverso un’esegesi (spiegazione, interpretazione, commento, analisi) spirituale. Indubbiamente la Bibbia è il libro del fedele.
La preghiera consiste spesso nel ripetere lentamente, gustandoli, i versetti della Scrittura. Solo chi non conosce bene la preghiera biblica legge senza senso, senza prestarvi attenzione, una pagina stampata. Solo chi non conosce bene la preghiera biblica crede che non si debba leggere tal quale una pagina stampata.
La preghiera non è solo quella cosiddetta del cuore, in cui le parole sono solo nostre, dette sul momento. Preghiera è anche usare le parole stesse della Bibbia.
“Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili [ἀλαλήτοις, alalètois, “inesprimibili”]” (Rm 8:26).
In pratica, dato che “non sappiamo pregare come si conviene”, Dio accetta da noi le preghiere da lui stesso ispirate nella Bibbia, quando le leggiamo in preghiera, come se fossimo noi a dirle sul momento.
I Salmi sono la raccolta per eccellenza delle preghiere conservate nella Bibbia, che venivano usate nella liturgia di Israele. Pur leggendo queste preghiere scritte, la nostra mente si ferma di volta in volta su parole particolari che in quel momento sentiamo nostre e che ci permettono di ampliare la nostra preghiera.
Quelle parole bibliche sono punti in cui si innestano le nostre parole, e la preghiera diventa del cuore. Così, la stessa preghiera scritta è ogni volta nuova e diversa.
Alla base di questo profondo interesse per la Scrittura c’è la convinzione che esiste uno stretto legame tra vita spirituale e parola di Dio. In certo qual modo lo stesso spirito di Dio, che ha ispirato gli autori sacri, continua ad agire in coloro che li leggono e che cercano di ripetere quelle esperienze di cui parlano i sacri testi.
Tutta la Scrittura va vista nell’unità alla luce di Yeshùa. La chiave della Scrittura è Yeshùa. È Yeshùa la parola definitiva di Dio (Gal 3:24). Il mistero di Yeshùa continua nel mistero della sua congregazione e del credente: “La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio”. – Col 3:3.
Da questa riflessione è scaturita la teoria dei diversi “sensi biblici”.
I quattro sensi biblici
Senso letterale. La lettera insegna i fatti. È la ricerca del senso originario del testo. Se vogliamo ascoltare con intelligenza la Scrittura è importante cercare il senso originario. Ciò può avvenire osservando le persone che agiscono, i luoghi, le condizioni in cui si svolsero i fatti, gli usi e i costumi, il tempo, la geografia, il contesto storico, le motivazioni. Nella lettura, l’attenzione al senso originario del testo cerca di dare una risposta a una serie di domande semplici: Chi? Cosa? Perché? Quando? Dove? Come? Ecco le domande da farsi:
• Chi agisce?
• Quali relazioni intercorrono tra le persone?
• Quali luoghi vengono menzionati nel testo?
• Quali tempi vengono indicati?
• Cosa accade?
• Quali mutamenti intervengono?
• Quali sono i motivi dell’agire che appaiono?
Strumenti d’aiuto possono essere diverse versioni commentate della Bibbia, dizionari biblici, diverse introduzioni alla Sacra Scrittura, atlanti.