Il battesimo è il mezzo «mediante il quale ci si libera dal peccato e, rigenerati come figli di dio, si diventa membra di Cristo, ci si incorpora alla Chiesa e resi partecipi della sua missione».
Il battesimo, secondo gli agnostici, atei ed altri, è un rito estraneo alla narrazione evangelica: l’unico passo esplicito (Mt. 28,19) è spesso considerato (anche dagli studiosi) come una manipolazione posteriore, mentre Gesù, pur battezzato da Giovanni, personalmente non ri-battezzò mai nessuno, né tanto meno risulta siano mai stati battezzati gli apostoli.
Gesù decise di farsi battezzare solo quando ebbe compiuto trent’anni. Né la Madonna, né san Giuseppe gli imposero nulla quando era in fasce.
Agli albori della cristianità il battesimo veniva impartito agli adulti.
Successivamente, con l’affermarsi della nuova religione, il rito venne gradatamente anticipato a causa dell’elaborazione teologica del peccato originale, tuttora in vigore.
Ancora oggi, infatti, la Chiesa ritiene che i bambini «nascono con una natura umana decaduta e contaminata dal peccato originale» e hanno bisogno del battesimo «per essere liberati dal regno delle tenebre e trasferiti nel regno della libertà dei figli di dio».
Il codice di diritto canonico, al canone 868, stabilisce questa assurda norma: «il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori»!
Qualora si verificasse, i genitori dello sfortunato bambino potrebbero denunciare il battezzante per violazione dell’art. 30 della Costituzione.
Ricordiamo che tale articolo stabilisce che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i propri figli». Attenzione, però: «istruire» non significa affatto «imporre».
La sentenza della Corte Costituzionale n. 239/84 ha inoltre stabilito che l’adesione ad una qualsiasi comunità religiosa debba essere basata sulla volontà della persona: difficile, a nostro avviso, rintracciare tale volontà in un bambino di pochi giorni.
Infine, secondo la legge 675/96, l’appartenenza religiosa è considerata un dato sensibile, esattamente come l’appartenenza sindacale e politica, la vita sessuale e alla salute dell’individuo.
Il 13 settembre 1999 il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato sul ricorso del socio UAAR il quale afferma che non si può cancellare il battesimo, in quanto esso documenta un episodio effettivamente avvenuto. È però possibile, per chiunque lo desideri, far annotare la propria volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica.
Il problema dello sbattezzo non è solo italiano: lanciato in Belgio alcuni decenni fa da Alternative Libertaire, ha calamitato l’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto in Francia.
La legge ha sancito sia il diritto alla cancellazione, sia il dovere dell’ente ecclesiastico di fornire prove della stessa: i vescovi di Carcassone e Mende hanno rischiato pesanti condanne per non aver provveduto nei termini stabiliti.
Lo sbattezzo, visto dalla parte della Chiesa, si chiama apostasìa. Se da un punto di vista dottrinale è un peccato mortale, per il diritto penale della Chiesa, applicabile a tutti i battezzati, rappresenta invece un «delitto» (Codice di diritto canonico, can. 1041).
Ne consegue che, per la Chiesa cattolica, chi si proclama ateo e agnostico, anche se non si sbattezza, è da considerarsi un apostata, e pertanto soggetto alla scomunica latae sententiae (can. 1364), un tipo di provvedimento canonico che si applica automaticamente, anche se la Chiesa non è al corrente del “delitto” commesso (lo stesso provvedimento comminato dal codice, per esempio, alla fattispecie di aborto volontario).
Le conseguenze dell’apostasia e della relativa scomunica sono: esclusione dai sacramenti; privazione delle esequie ecclesiastiche in assenza di segni di pentimento; esclusione dall’incarico di padrino o madrina per battesimo e confermazione; necessità della licenza del vescovo per l’ammissione al matrimonio canonico.
FONTE
UAAR