
Tommaso d’Aquino e la successiva tradizione teologica cristiana, soprattutto cattolica, riteneva che nella sua mente umana Gesù godesse della “visione beatifica” e quindi vivesse della visione e non della fede.
L’Aquinate espresse classicamente questa tesi: “Se dunque si toglie l‘inevidenza della realtà divina, viene meno la fede. Ma Cristo fin dal primo istante della sua concezione ebbe la piena visione dell‘essenza di Dio…
Quindi non ci poteva essere in lui la fede.”Insieme a questa conoscenza della visione, si riconosceva che la conoscenza umana di Gesù includesse conoscenza esperienziale “ordinaria”, ma la si reputava che abbracciasse una speciale conoscenza “infusa”.
Sorgono notevoli difficoltà contro la tesi che sostiene che la conoscenza umana di Gesù comprendesse la visione beatifica. Primo, come poteva soffrire veramente se tramite la sua mente umana egli conosceva Dio immediatamente e in modo beatifico? Secondo, tale visione solleva problemi per il libero esercizio della volontà umana di Gesù.
Nonostante il modo in cui Tommaso qualifica la “scienza di visione” da parte di Gesù, una tale visione beatificante immediata di Dio in questa vita sembrerebbe eliminare la possibilità della libertà umana alle condizioni della storia terrena.
Qui ed ora, l’esercizio di libertà richiede dei limiti alla nostra conoscenza e delle incertezze sul futuro. Terzo, Gesù viene riportato nelle Scritture come obbediente verso il Padre, nonostante sofferenze e tentazioni (cfr. Marco 1:12-13;14:32-42; Luca 22:8; Ebrei 2:18;4:15)
Il possesso regolare della visione beatifica escluderebbe qualsiasi vera difficoltà da parte di Gesù. Le sue “sofferenze e tentazioni” non sarebbero state delle vere minacce alla sua lealtà ma solo uno “spettacolo” messo in scena a nostro beneficio ed edificazione.
Quarto, come si può conciliare la conoscenza della visione (che Tommaso interpreta ad includere una comprensione completa di tutte le creature e di tutto ciò che possono fare) con la conoscenza umana del mondo?
Come essere umano, tale conoscenza cresce e si sviluppa attraverso l’esperienza, ma rimane sempre limitata e queste limitazioni appartengono proprio alla natura stessa dell’umanità.
Una conoscenza in questa vita che comporti (fin dal primo momento del concepimento stesso) una comprensione totale di tutte le creature e di tutto ciò che possono fare, pare essere così sovrumana che getta seri dubbi sullo stato reale della conoscenza umana di Gesù.
Quinto, la tesi di tale conoscenza comprensiva sin dal momento del concepimento crea le sue proprie difficoltà. La mente non deve certamente esser ridotta al solo cervello. Ciò nonostante, la mente si mette in correlazione 1:1 al cervello; la vita mentale dipende dal cervello.
Cosa si può ipotizzare del cervello umano di Gesù nella fase di cellula singola associandolo e in un qualche modo “appoggiandolo” alla più “avanzata” conoscenza umana mai immaginabile, la visione beatifica goduta dai santi del cielo dopo che hanno completato il proprio pellegrinaggio in terra?
Secondo un motto classico, “la grazia suppone la natura”. Qui avremmo una grazia straordinariamente elevata, proprio la visione di Dio goduta da coloro che “dimorano nella gloria”, che suppone un punto di partenza estremamente semplice per la crescita della sua natura umana: Gesù nella fase di cellula singola.
Sesto, i Vangeli Sinottici contengono passi che implicano limiti ordinari alla conoscenza umana di Gesù (per esempio, Marco 5:30-32;13:32).
Alcuni insegnanti paleocristiani tentarono di mitigare la forza di ammissioni del tipo “nessuno conosce il giorno o l’ora [della fine], né gli angeli nel cielo, né il Figlio, ma solo il Padre” (Marco 13:32).
Agostino quindi spiega che Gesù conosceva l’ora ma non era disposto ad annunciarla (De Trinitate, 1.23). Tuttavia, altri scrittori antichi riconobbero che i Vangeli riportavano dei limiti alla conoscenza umana di Gesù. Cirillo d’Alessandria prese Luca in parola quando scrisse che Gesù “crebbe in sapienza e in età” (Luca 2:52).
Settimo, le limitazioni di questo tipo sono caratteristiche della natura umana. L’insistenza del Concilio di Calcedonia che la natura umana di Cristo conservò il “carattere ad essa appropriato”, deve rendere cauti circa l’attribuzione di proprietà speciali (in questo caso, la conoscenza del tutto straordinaria della “visione beatifica”) alla sua mente umana.
La mente umana di Cristo e la rispettiva conoscenza furono mantenute come tali e non rese sovrumane mediante l’unione ipostatica.
La comprensione completa di tutte le creature e di quello che potessero fare (che l’Aquinate ritiene appartenga alla visione beatifica) eleverebbe la conoscenza di Cristo a tali livelli al di sopra dei normali limiti della conoscenza umana da far venire dubbi sulla autenticità della sua umanità, per lo meno in un aspetto essenziale: lo farebbe sembrare, durante la sua storia terrena, come se nella sua mente umana avesse avuto a tutti gli effetti il potere dell’onniscienza, anche se non necessariamente onnisciente come Dio nella mente divina.
Per queste ed altre ragioni correlate, i teologi trovano difficile accettare la tesi di Tommaso d’Aquino che la conoscenza del Gesù terreno includesse (quasi a dire fosse dominata da) la visione beatifica. Si deve invece insistere su “ciò che viene implicato dalla conoscenza umana della Parola eterna esercitata attraverso la nostra natura quale secondo principio della sua attività”.
Fintanto che il soggetto divino operava tramite una natura umana su questa terra, il Logos agiva mediante una natura ed una mente limitati in conoscenza. Altrimenti la reale condizione di tale natura umana sarebbe sospetta e Gesù non sarebbe stato “veramente” umano nei termini definiti classicamente dal Concilio di Calcedonia.
Quei cattolici che ancora vorrebbero sostenere la tesi di Tommaso, e che è stata popolare fino alla metà del XX secolo, devono far riferimento ai numerosi documenti della Commissione Teologica Internazionale (1979, 1981 e 1983) e della Commissione Biblica Pontificia (1984) che hanno trattato della consapevolezza e conoscenza umane di Gesù e non hanno mai affermato che egli abbia goduto della visione beatifica durante la sua vita terrena.
Similmente, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) non ha mai attribuito tale visione alla mente umana di Cristo durante la sua vita terrena.
La “visione massima” della conoscenza terrena di Gesù sostenuta da Tommaso non gode più dell’approvazione ufficiale delle autorità ecclesiastiche della maggioranza delle confessioni cristiane, sebbene alcuni continuino a difenderla.
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