
Un murale è stato disegnato presso un ex collegio dei gesuiti a Città del Messico; i colori vivaci raffigurano Nostra Signora di Guadalupe in cui si rappresenta sia la religiosità indigena che il cristianesimo che hanno plasmato la cultura del Messico post-coloniale.
Il murale è stato creato dall’artista messicano Fermín Revueltas tra il 1922 e il 1923, quando le pareti dell’Antiguo Colegio de San Ildefonso sono diventate le tele per il movimento muralista emergente del paese .
L’edificio barocco, che attualmente funge da museo, ospita una mostra che riflette sul significato della arte monumentale di Revueltas.
Di recente il museo ha accolto un murale contemporaneo creato da artigiani messicani che si sono ispirati agli antichi maestri e durerà fino al 12 giugno 2023.
Un affresco del 1924 che José Clemente Orozco intitolò “La Alcancía” (“Il salvadanaio”) mostra due mani sottili che depositano monete in una scatola aperta nella parte inferiore e lascia cadere il denaro in un’altra mano, la quale sembra più potente e rappresenta la Chiesa cattolica.
Per alcuni altri muralisti – come Revueltas e Fernando Leal – l’obiettivo era trovare nuovi modi per ritrarre ciò che significava la conquista militare e spirituale guidata dagli spagnoli.
I Gesuiti arrivarono nella capitale mezzo secolo dopo la conquista spagnola, nel 1572, e pochi anni dopo fondarono San Ildefonso, una scuola per seminaristi e missionari. Il loro obiettivo era educare i discendenti degli spagnoli – i “criollo” – nati nella colonia, ha detto Chávez.
Prima di essere espulsi dall’impero spagnolo nel 1767, i gesuiti viaggiarono molto. Secondo Chávez, questi sacerdoti hanno visitato città remote e hanno cercato di comprendere la visione del mondo del popolo “criollo”, le cui pratiche spirituali indigene si intrecciavano con le nuove usanze e credenze cristiane.
Questa dinamica ha permesso ai gesuiti di insegnare le arti ed i mestieri “criollo”, ma ha anche rafforzato il concetto di identità “criollo” in tutto il territorio, un tema che i muralisti hanno ritratto nel XX secolo.
Sul lato destro della scalinata principale di San Ildefonso, un’opera di Jean Charlot illustra il massacro che gli spagnoli compirono nel luogo più sacro dell’impero azteco, il Templo Mayor, nel 1521. Sulla parete opposta, Leal ritrae ciò che venne dopo la conquista e il cristianesimo importato dagli spagnoli: feste religiose dove simboli sacri e profani si fondono.