Negli anni trenta del XX secolo si sostenne che all’inizio dell’XI lo sviluppo e la diffusione di signorie di banno, incentrate sui castelli, avevano contribuito ad alimentare una crescente cerchia di specialisti della guerra, formata dai signori e dai loro vassalli.
Il mestiere di cavaliere andò sempre più specializzandosi e circoscrivendosi a una élite ristretta che diede vita a una cerimonia di iniziazione del cavalierato, che contribuì alla percezione della cavalleria come gruppo limitato.
Tra il XII e il XIII secolo essa, definendosi in un ceto chiuso a base ereditaria, passa dalla condizione di “nobiltà di fatto”, ovvero dall’organizzazione in forme aperte e fluide, alla condizione di “nobiltà di diritto”.
Alla tesi di Bloch che sostenne che la cavalleria si fosse costituita come emanazione della condizione nobiliare, Jean Flori ha eccepito un’altra teoria, del tutto opposta, che considerava la cavalleria come una professione alla quale la nobiltà si avvicinò e della cui dignità, col tempo, si appropriò.
Il mestiere del cavaliere era stato inizialmente riservato a persone di estrazione variegata e anche di umile origine, come dimostra l’etimologia del termine knight che deriva da cnith che designava il “servitore”.
Solo nel XIII secolo, anche attraverso la formazione di un’etica e di un codice di comportamento del cavaliere, il cavalierato e la carica nobiliare conoscono una chiara sovrapposizione.
Fu in quest’epoca che si diffuse la pratica dell’adoubement (addobbamento, vestizione), che attribuiva alla cavalleria il significato di “ordine” ristretto ed esclusivo.
Fonte : Wikipedia