Nel capitolo 59 Giuliana prosegue con l’affermazione di Dio: «Sono io, la forza e la bontà della paternità; sono io, la sapienza e la dolcezza della maternità; sono io, la luce e la grazia che è ogni amore benedetto; sono io, la Trinità; sono io, l’Unità; sono io, la sovrana Bontà di ogni specie di cosa; sono io che ti spingo ad amare; sono io che ti spingo a desiderare; sono io l’infinito compimento di ogni vero desiderio.»
(Rivelazioni, cap. 59)
In lei l’aspetto femminile e materno di Dio ha una notevole importanza, e per questo Giuliana ha un posto speciale nella teologia mistica di tutti i tempi.
Secondo Giuliana, Dio è sia nostro padre che nostra madre (quest’idea venne sviluppata anche da Francesco d’Assisi nel XIII secolo).
Questa convinzione di Giuliana ha dato adito a diverse controversie. Alcuni studiosi pensano che si tratti più che altro di una metafora, piuttosto che di un’effettiva convinzione o di un dogma.
Nella quattordicesima rivelazione, Giuliana descrive la Trinità in termini familiari, paragonando Gesù a una madre saggia, amorosa e misericordiosa. Frances Beer asserisce che Giuliana crede che l’aspetto materno di Cristo sia letterale e non metaforico: Cristo non è come una madre, egli è letteralmente la madre.
Giuliana è convinta che il ruolo della madre sia il più autentico di tutti i ruoli sulla terra. Ella sottolinea ciò spiegando come il legame tra madre e figlio sia la relazione terrena che più si avvicina al rapporto che una persona può avere con Gesù.
Ella collega inoltre Dio con la maternità nel significato di “fondamento della creazione della nostra natura”, di “assunzione della nostra natura, il che fa iniziare la maternità della grazia” e di “maternità nell’operare”.
Giuliana scrive anche collegando metaforicamente Gesù con il concepimento, l’allattamento, le doglie del parto e l’educazione, ma lo vede comunque anche come un fratello.
Nel capitolo 61 delle Rivelazioni, Giuliana fa una serie di paragoni in cui mostra come il rapporto tra Gesù e noi sia molto più ricco e più intimo di quello tra noi e nostra madre:
Gesù, infatti, “non ci genera al dolore e alla morte, ma alla gioia e alla vita eterna, non ci nutre con il latte, ma con se stesso, […] con una tenerezza infinita ci segue in tutte le fasi della nostra crescita spirituale. Perfino il suo lasciarci cadere nel peccato è un segno di benevola attenzione, sia perché questo non lo allontana da noi né diminuisce il nostro valore ai suoi occhi, sia perché il peccato ha pure dei risvolti positivi: ci mantiene nell’umiltà e nella mitezza, e ci fa consapevoli, appunto, dell’indefettibile amore di Dio, con il che nasce in noi la voglia di correre a rifugiarci in grembo a nostra Madre, come fa un bambino quando è inquieto o spaventato“.
Fonte
https://it.wikipedia.org/wiki/Giuliana_di_Norwich