L’atto di fede, in risposta alla Parola di Dio, apre a nuovi orizzonti l’intelligenza del credente. Scrive san Paolo: «E Dio che disse “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo» (2 Cor 4,6).
In questa luce la fede contempla il mondo intero in un modo nuovo; lo vede in modo più vero perché, per la potenza dello Spirito Santo, condivide la prospettiva stessa di Dio. Per questo sant’Agostino invita chiunque ricerchi la verità a «credere per comprendere» [crede ut intelligas].
«Abbiamo ricevuto lo Spirito di Dio», afferma san Paolo, «per conoscere ciò che Dio ci ha donato» (1 Cor 2,12). Inoltre attraverso questo dono siamo attirati ad una comprensione persino di Dio stesso, poiché «lo Spirito conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio».
Insegnando che «noi abbiamo il pensiero di Cristo» (1 Cor 2,16), san Paolo afferma implicitamente che per grazia di Dio abbiamo una certa partecipazione persino alla conoscenza che Cristo stesso ha del Padre e, quindi, alla conoscenza che Dio ha di se stesso.
Avendo ricevuto per fede «le impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8), i credenti cercano di comprendere ancora più pienamente ciò in cui credono, meditando queste cose nel loro cuore (cfr Lc 2,19). Guidati dallo Spirito e attingendo a tutte le risorse della loro intelligenza, si sforzano di assimilare il contenuto intelligibile della Parola di Dio, in modo che possa diventare luce e nutrimento per la loro fede.
Chiedono a Dio di avere «piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale» (Col 1,9). È questa la via che conduce all’intelligenza della fede (intellectus fidei) . Come spiega sant’Agostino, tale desiderio e ricerca di intelligenza prende avvio dal dinamismo stesso della fede:
«Chi mediante la vera ragione capisce ciò che prima riteneva certo soltanto per fede, è senz’altro da preferirsi a chi desidera ancora capire ciò che crede. Qualora poi costui non sentisse nemmeno un tale desiderio e considerasse quale solo oggetto da credere le verità che ancora dovesse intendere, ignorerebbe a che giova la fede».
Questo lavoro di comprensione della fede a sua volta contribuisce ad alimentare e a far crescere la fede; è così che «[l]a fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità» . La via dell’intellectus fidei parte dal credere, che è sua fonte e principio permanente, per arrivare alla visione nella gloria (la visione beatifica; cfr 1 Gv 3,2), della quale l’intellectus fidei è anticipazione.
L’intellectus fidei assume varie forme nella vita della Chiesa e nella comunità dei credenti, secondo i diversi doni dei fedeli (lectio divina, meditazione, predicazione, teologia come scienza ecc.).
Diventa teologia in senso stretto quando il credente intraprende il compito di presentare il contenuto del mistero cristiano in modo razionale e scientifico. La teologia è dunque scientia Dei nella misura in cui è partecipazione razionale alla conoscenza che Dio ha di sé e di tutte le cose.
19. Un criterio della teologia cattolica è che, proprio in quanto scienza della fede, «fede che cerca di comprendere [fides quaerens intellectum]» , essa è dotata di una dimensione razionale. La teologia si sforza di comprendere ciò in cui la Chiesa crede, perché vi crede, e che cosa può essere conosciuto sub specie Dei. In quanto scientia Dei, la teologia cerca di comprendere in modo razionale e sistematico la verità salvifica di Dio.
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