L’Apocalisse non è solo un annuncio, ma anche un appello: si preoccupa di indicare ciò che è necessario fare. Sia nell’intestazione (cf 1, 3) sia nella conclusione (22, 6-20) è indicato l’atteggiamento che i “servi di Dio” devono avere rispetto all’annuncio contenuto nel libro: leggere, ascoltare, custodire, praticare. In questo consiste la prima beatitudine che viene nominata nell’Apocalisse. E’ la beatitudine della fede, anticipazione in questa vita della visione gloriosa.
Nel corso del libro ne verranno indicate altre, tutte in linea con quelle presenti nel Vangelo. In questa riproposizione delle beatitudini evangeliche si avverte il desiderio di Giovanni di invitare la comunità cristiana a perseverare, senza perdersi d’animo in mezzo alle difficoltà e alla persecuzione.
Giovanni designa il suo scritto con tre appellativi diversi.
Con rivelazione indica l’origine del messaggio e il motivo della sua autorevolezza: viene da Dio e non dall’uomo.
Con profezia indica lo scopo: offrire alla comunità cristiana gli strumenti per capire il significato salvifico di ciò che accade nella storia. In questo senso la profezia non è la previsione del futuro, ma la lettura del presente dal punto di vista di Dio.
Con testimonianza indica il riferimento a Gesù Cristo, in particolare alla Sua morte e risurrezione. E’ questo avvenimento salvifico che permette di leggere tutto ciò che accade secondo un piano di provvidenza. Questa lettura di fede è capace di trasformare la vita della comunità cristiana. Si capisce, allora, che l’Apocalisse è soprattutto un canto alla vittoria di Cristo crocifisso e risorto, una contemplazione di Cristo glorioso in cui è il significato di tutte le cose, di tutta la realtà.
L’Apocalisse ha la forma di una lettera e, come tale, inizia con un mittente, i destinatari e il saluto.
Il mittente è indicato semplicemente con il nome di Giovanni. E’ evidente che si tratta di un personaggio noto alla comunità cristiana. E’ Giovanni l’apostolo? Ci atteniamo a quanto la Chiesa afferma nella lettura liturgica dell’Apocalisse quando, introducendo il testo, dice: “Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo”.
I destinatari sono le sette Chiese dell’Asia che, più avanti, verranno menzionate. Al riguardo è bene fare attenzione a due particolari.
Il primo riguarda il numero sette. Nella letteratura apocalittica sette è il numero della pienezza. Si deve, pertanto, ritenere che la lettera, pur indirizzata alle Chiese dell’Asia, deve anche considerarsi indirizzata a tutta la Chiesa.
Il secondo riguarda la dizione “alle Chiese che sono in”. Non si dice “alle Chiese dell’Asia”. Si pone così in risalto che non vi è ancora perfetta identificazione tra questo mondo e il mondo futuro.
La Chiesa non è dell’Asia ma è in Asia; dunque, è ancora pellegrina in un mondo che deve finire.
L’Apocalisse è interamente pervasa dalla tensione tra il mondo presente e il mondo futuro. Il mondo di Dio che viene è già presente, ma non si identifica con questo.
Il saluto è tipicamente biblico e cristiano: “Grazia a voi e pace”. I due termini evocano insieme il complesso dei beni messianici e sottolineano che questi beni sono dono di Dio, del Suo amore gratuito. Entrando nel dettaglio, il primo termine rimanda al saluto degli ebrei, mentre il secondo al saluto dei greci.
In tal modo nel saluto iniziale sono compresi tutti, i cristiani provenienti dall’ebraismo e quelli provenienti dall’ellenismo. I beni messianici riguardano l’intera Chiesa e l’intera Chiesa trova nei beni messianici l’oggetto della propria attesa.
Nel testo si trova, poi, una presentazione di Dio e del Suo Figlio Gesù.
Dio è descritto con parole che rimandano all’Esodo (3, 14) e alla rivelazione del nome divino: “Colui che è, che era e che viene”. Qui, nell’Apocalisse, il contenuto di quel nome viene esplicitato: Dio è il Signore di tutta la storia, passata, presente e futura. In tal modo si sottolinea che tutte le vicende umane sono nelle mani di Dio. E lo si sottolinea mentre ci si rivolge a cristiani che sono perseguitati e un pò disorientati.
Si noti anche che nel giudaesimo si era soliti dire a proposito di Dio: “Colui che è, che era e che sarà”. Giovanni sostituisce “che sarà” con “che viene”. Così è ancora di più precisato il tema dell’annuncio presente nel testo, ovvero la venuta del Signore nell’oggi della storia.
I sette spiriti sono gli arcangeli che, secondo la tradizione giudaica, stanno davanti al trono di Dio (cf Ap 3, 1; 4, 5; 5, 6).
Gesù è descritto con tre titoli: “il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra”. Sono titoli che sembrano evocare alcune espressioni del salmo 89, un vero e proprio inno alle fedeltà di Dio e alla Sua vittoria sui popoli ribelli. Questi tre titoli ricordano i momenti principali della vita di Gesù: la passione (“il testimone fedele”), la risurrezione (“il primogenito dei morti”), la glorificazione (“il sovrano dei re della terra”). Siamo davanti a una professione di fede cristologica.
Segue una breve dossologia (cf Ap 1, 5-8). Al riguardo, al di là di singoli dettagli, è importante rilevare che Giovanni avverte la necessità di riaffermare il contenuto dell’annuncio, la buona notizia del Vangelo. L’Apocalisse, infatti, è una buona notizia, è un lieto annuncio che, qui, viene espresso con riferimenti al profeta Daniele (7, 13) e al profeta Zaccaria (12, 10.14).
La conclusione della parte introduttiva è caratterizzata da una rinnovata affermazione relativa alla signoria del Signore sulla storia: “Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!”.
Estratto dalla Lectio Divina del 7 Ottobre 2020 sul libro dell’Apocalisse di Mons Guido Marini.