Nel 1926 venne promulgata dal regime del Presidente Plutarco Elias Calles, la Legge Calles, che proibiva la pratica pubblica della fede Cattolica. Vennero confiscate chiese e parrocchie, membri del clero arrestati e molti di loro giustiziati nel tentativo di eliminare l’espandersi di una fede religiosa che, in quel momento, era sentita come minaccia al regime. I cattolici messicani furono costretti alla clandestinità; celebravano le messe all’interno di caverne, nell’oscurità, terrorizzati dalla repressione di Stato.
Sebbene il Messico sia cattolico nella stragrande maggioranza, l’articolo 24 della Costituzione messicana, in vigore dal tempo di Calles, è tuttora parzialmente in vigore: è ancora oggi vietato pregare e insegnare religione nelle scuole pubbliche.
Oggi questo divieto viene riportato alle cronache con i contrasti fra Cristiani e Musulmani poiché siamo di fronte al ripetersi di eventi storicamente avvenuti, come quello in Messico.
I Cristeros però rientrano in un episodio dello scontro plurisecolare, fra la Modernità, con i suoi processi di secolarizzazione delle culture e delle istituzioni politiche a fondamento religioso, sacrale tradizionale e l’elaborazione di una nuova strategia della Rivoluzione .
I cristeros sono comunque quel popolo cristiano che non vuole rinunciare alla fede in Cristos Reyes, i “Cristi-Re”, come gli avversari definivano con intento spregiativo gli insorti cattolici che combattevano al grido di “Viva Cristo Re!”, riprendendo il tema della regalità di Cristo, all’epoca molto popolare e in sintonia con l’enciclica sull’istituzione della festa di Cristo Re “Quas primas”, pubblicata nel 1925 da Papa Pio XI (1922-1939).
Novant’anni dopo quei fatti, la guerra cristera è oggi al centro di analisi sulla Fede, la politica, la cultura e la diplomazia, non solo in Messico, ma in tutto il mondo cattolico.