
Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi (Gv 15, 16). E’ questa una grazia davvero ineffabile. Che cosa eravamo noi, infatti, quando ancora non avevamo scelto Cristo, e perciò non lo amavamo?
Poiché, come può amarlo chi non lo ha scelto? Forse in noi c’erano quei sentimenti che vengono espressi nel salmo:
Ho preferito rimanere alla soglia della casa di Dio, anziché abitare nei padiglioni dell’iniquo (Sal 83, 11)? Certamente no. Che cosa eravamo dunque, se non iniqui e perduti?
Non credevamo ancora in lui, per meritare che egli ci scegliesse; infatti, se egli scegliesse chi già crede in lui, sceglierebbe chi ha già scelto lui.
Perché allora dice: Non siete voi che avete scelto me (Gv 15, 16), se non perché la sua misericordia ci ha prevenuti?
Di qui si vede quanto sia vana l’argomentazione di coloro che difendono la prescienza di Dio contro la grazia di Dio, sostenendo che noi siamo stati eletti prima della fondazione del mondo (cf. Ef 1, 4), perché Dio preconobbe che noi saremmo stati buoni, non che lui ci avrebbe fatti diventare buoni.
Non è di questo parere colui che dice: Non siete voi che avete scelto me. Se infatti ci avesse scelti perché aveva preconosciuto che saremmo diventati buoni, si sarebbe dovuto insieme accorgere che eravamo stati noi i primi a scegliere lui.
Non avremmo potuto infatti in altro modo essere buoni, dal momento che non si può chiamare buono se non chi ha scelto il bene.
Che cosa ha scelto dunque nei non buoni?
Essi infatti non sono stati scelti perché erano buoni, dato che non sarebbero buoni se non fossero stati scelti. Se sosteniamo che la grazia è stata preceduta dal merito, non è più grazia.
E’ invece effetto della grazia questa elezione, di cui l’Apostolo dice:
Anche oggi alcuni si salvano per elezione della grazia. E soggiunge: E se lo è per grazia non lo è dunque per le opere: altrimenti la grazia non sarebbe più grazia (Rm 11, 5-6).
Ascolta, ingrato, ascolta: Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi. Non puoi dire: sono stato scelto perché credevo. Se già credevi in lui, vuol dire che sei stato tu a scegliere lui.
Ma ascolta bene: Non siete stati voi a scegliere me. Non è il caso che tu dica: io già prima di credere operavo bene, e per questo sono stato scelto. Che opera buona ci può essere prima di aver la fede, se l’Apostolo dice:
Tutto ciò che non viene dalla fede è peccato (Rm 14, 23)? Che diremo dunque ascoltando le parole: Non siete voi che avete scelto me, se non che eravamo cattivi, e siamo stati scelti affinché fossimo buoni per grazia di chi ci ha scelti? Non sarebbe grazia, se essa fosse stata preceduta dai meriti; invece è grazia! Essa non presuppone dei meriti, ma ne è l’origine.
3. Ecco la prova, o carissimi, che egli non sceglie i buoni, ma fa diventare buoni quelli che ha scelto. Io vi ho scelto e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia durevole (Gv 15, 16).
Non è forse questo il frutto di cui già aveva detto: Senza di me non potete far nulla (Gv 15, 5)? Egli ci ha scelti e ci ha costituiti affinché andiamo e portiamo frutto; non avevamo quindi alcun frutto per cui potessimo essere scelti.
Affinché andiate – dice – e portiate frutto. Andiamo per portare frutto: egli stesso è la via per la quale andiamo, la via nella quale ci ha posti affinché andiamo.
In ogni modo, quindi, la sua misericordia ci ha prevenuti. E il vostro frutto sia durevole; affinché il Padre vi dia ciò che chiederete nel mio nome (Gv 15, 16).
Rimanga dunque l’amore: questo è il nostro frutto. Questo amore consiste ora nel desiderio, non essendo ancora stato saziato. E tutto ciò che, mossi da questo desiderio, noi chiediamo nel nome del Figlio unigenito, il Padre ce lo concede.
Non illudiamoci però di chiedere nel nome del Salvatore ciò che non giova alla nostra salvezza; noi chiediamo nel nome del Salvatore, solo se chiediamo ciò che conduce alla salvezza.
Sant’Agostino d’Ippona