
L’antroposofia di Rudolf Steiner considera la reincarnazione come un aspetto importante della scienza dello spirito. Secondo Steiner nell’uomo è presente un corpo fisico, uno eterico, uno astrale e infine l’Io.
Alla morte egli abbandona progressivamente i primi tre, finché rimane soltanto l’Io (corpo mentale) in forma di “seme” che cresce nel mondo spirituale, fino a ricevere, dopo un lungo periodo (da cinquecento a mille anni), un nuovo corpo astrale ed eterico, sceglie i genitori, vede la sua vita futura in un rapido quadro d’insieme e infine si reincarna in un nuovo corpo fisico. Ciascuna vita è influenzata dalle precedenti secondo la legge del karma.
Tra una reincarnazione e l’altra sussisterebbe il kamaloka, un periodo intermedio in cui l’anima rivive su sé stessa le emozioni suscitate agli altri nel corso dell’esistenza.
Con questa idea sulla natura dell’uomo e dell’universo (cosmologia) di stampo religioso (affine solo per certi aspetti all’induismo) si ripropone il tema teosofico della discesa (o “condensazione”) dello “spirito” nella materia e della sua successiva risalita o “spiritualizzazione”.
Secondo Steiner coloro che in vita non riescono a sollevarsi verso una maggiore spiritualità furono un tempo incarnati in popoli non evoluti.
La reincarnazione viene ammessa anche per spiegare la presenza di caratteristiche spirituali, ad esempio un talento musicale, o una predisposizione alla matematica, che non possono derivare da fattori ereditari, perché altrimenti dovrebbero trovarsi all’inizio della linea ereditaria anziché alla fine.
Il concetto di reincarnazione antroposofico ha inoltre una peculiarità che lo discosta dalla concezione classica orientale: in quest’ultima infatti essa attiene soltanto al karma individuale del singolo uomo, mentre nella concezione di Rudolf Steiner essa rende possibile l’evoluzione dei popoli, e dell’umanità nel suo complesso:
tramite la reincarnazione, che può avvenire solo da uomo a uomo, gli uomini vissuti in un determinato periodo storico hanno la possibilità di portare con sé, in epoche successive, quanto hanno imparato nella loro vita precedente. È così che la civiltà riesce a progredire, grazie alla continua ridiscesa sulla Terra di anime già dotate di un bagaglio di esperienze, che di volta in volta si arricchisce.
Si tratta di una visione imbevuta anche di cristianesimo perché i singoli uomini si reincarnano non solo per una questione di salvezza personale, ma anche per amore del genere umano, per portare cioè il proprio contributo alla sua evoluzione complessiva.
Steiner nei suoi scritti evidenzia come gli stessi Vangeli parlino di reincarnazione, seppur l’interpretazione dottrinale neghi questo aspetto. Un esempio evidente è nel Vangelo di Matteo: “Elìa è già venuto, e non l’hanno riconosciuto”.
Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: “Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?”.
Ed egli rispose: “Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro”.
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista. (Matteo 17, 10-13)-
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