La dottrina secondo la quale lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio fa parte della tradizione latina sin dal III-IV secolo. Ne danno testimonianza Tertulliano (160 circa – 220 circa), Novaziano (220 circa – 258), Ilario di Poitiers (315 circa – 367), Ambrogio da Milano (338 circa – 397), Girolamo (347–420), Agostino d’Ippona (354–430) e Fulgenzio di Ruspe (VI secolo).
Tale dottrina (che doveva più tardi essere espressa anche nel Simbolo atanasiano, probabilmente dell’anno 500 circa) è stata confessata dogmaticamente dal papa Leone I nel 447, quattro anni prima del Concilio di Calcedonia, nel quale ha avuto un ruolo decisivo il suo Tomus ad Flavianum.
Nella sua Epistola XV egli infatti ha condannato la negazione da parte dei Priscilliani, della distinzione tra le tre Persone della Trinità: il Padre che ha generato, il Figlio che è stato generato, e lo Spirito proceduto da entrambi.
Così, quando il patriarca Paolo II di Costantinopoli, sostenitore del monotelismo, motivo per il quale il papa Teodoro I (642–649) l’aveva scomunicato nel 647, ha lanciato accuse contro Teodoro o papa Martino I (649–653) per avere espresso la tradizione latina, Massimo il Confessore ha scritto che “i romani si sono appellati alle testimonianze unanimi dei Padri latini, come pure a quella di Cirillo di Alessandria nel sacro studio che egli fece sul vangelo di san Giovanni”.
Infatti, anche Cirillo di Alessandria dichiara: “Lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio; è evidente che esso è di sostanza divina, procedendo sostanzialmente in essa e da essa.”
Uno studio sulla questione aggiunge: «San Cirillo testimonia con ciò di una dottrina trinitaria comune a tutta la scuola d’Alessandria da sant’Atanasio, il quale scriveva: “Come il Figlio dice “tutto quello che il Padre possiede è mio” (Gv 16,15), così troveremo che, per mezzo del Figlio, tutto ciò è anche nello Spirito» (Lettere a Serapione, III, 1, 33, PG 26, 625B). Epifanio di Salamina (Ancoratus, VIII, PG 43, 29C) e Didimo il Cieco (Trattato dello Spirito Santo, CLIII, PG 34, 1064A) coordinano il Padre e il Figlio con la stessa proposizione ἐκ nella comunicazione allo Spirito Santo della divinità consustanziale.”
È da notare che simili affermazioni dei Padri greci, secondo i quali lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio usano il verbo πρόειμι, il cui significato, come pure quello del verbo latino procedo, è più generico di quello del verbo προέρχομαι, che “può caratterizzare soltanto una relazione d’origine al principio senza principio della Trinità: il Padre”, e che perciò non è mai usato in relazione alla provenienza dello Spirito Santo dal Figlio.
È il verbo προέρχομαι che si usa della processione dello Spirito Santo dal Padre nel testo originale greco del Credo niceno-costantinopolitano. Così la Chiesa cattolica, che dichiara corretto aggiungere “e dal Figlio” alla professione di fede in congiunzione con il verbo procedo, esclude tale aggiunta in combinazione con il verbo προέρχομαι. Perciò la versione greca del Messale romano in uso in Grecia non contiene il Filioque. Similmente i papi Pio XI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno personalmente omesso tale frase in celebrazioni pubbliche in lingua greca.
Infatti, come dichiara il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, nella dottrina della Chiesa cattolica, “soltanto il Padre è il principio senza principio (ἀρχὴ ἄναρχος) delle due altre persone trinitarie, l’unica fonte (πηγή) e del Figlio e dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo trae dunque la sua origine soltanto dal Padre (ἐκ μόνου τοῦ Πατρός) in modo principiale, proprio e immediato.”
wikipedia