Il nome di Ponzio sembrerebbe rimandare a origini sannite. Il cognome fu talvolta fatto derivare da pileus, un copricapo usato durante l’affrancamento degli schiavi, il che ne farebbe un liberto o almeno discendente di liberti; altri lo associano, con più verosimiglianza, a pilum, un giavellotto; il praenomen non è riportato da alcuna fonte.
Come tutti i funzionari di rango minore doveva appartenere all’ordine equestre.
Le fonti antiche che parlano di lui sono due autori giudei del I secolo. Flavio Giuseppe, la fonte principale, ne parla nelle opere Guerra giudaica (scritta negli anni 70) e soprattutto nelle Antichità giudaiche (scritta negli anni 90); Filone di Alessandria ne parla ne
L’ambasceria a Gaio, scritta circa nel 41, il che ne fa temporalmente la fonte più vicina agli eventi. Un breve accenno è inoltre presente negli Annali di Tacito; i due libri di tale opera in cui, presumibilmente, si doveva parlare anche del mandato di Pilato in Giudea sono andati perduti.
Infine bisogna citare anche le lettere di Ignazio di Antiochia agli Smirnei, ai Magnesi e ai Tralli, scritte all’inizio del II secolo.
Dopo Valerio Grato, fu il quinto prefetto della Giudea, forse su nomina di Seiano, in carica tra gli anni 26 e 36; è famoso per il ruolo che svolse nella passione di Gesù, secondo quanto testimoniano i vangeli, in quanto fu giudice del processo di Gesù.
Rifiutatosi di condannarlo, in seguito si “lavò le mani”, cedendo di fatto alle richieste dei sadducei che volevano la crocifissione.
Secondo quanto riportato da Flavio Giuseppe, Pilato provò senza successo a romanizzare la Giudea, introducendo immagini dell’imperatore a Gerusalemme (cosa che suscitò una forte protesta perché la legge mosaica non lo consentiva) e provando a costruire un acquedotto con i fondi che si raccoglievano nel Tempio.
Anche se Gerusalemme rimaneva la capitale, il procuratore romano aveva la sua residenza a Cesarea che, grazie alla sua ubicazione, rappresentava una buona scelta strategica.
Il governatore (legato) di Siria, Lucio Vitellio (padre del futuro princeps), lo destituì nell’anno 36 o 37 a causa della durezza con la quale aveva represso i Samaritani che avevano messo in atto la rivolta del monte Garizim e lo inviò a Roma per rispondere del suo operato davanti al principe. Ma prima che Pilato potesse raggiungere Roma, Tiberio morì. Da questo momento la sua figura scompare dalle fonti e non è noto il suo destino.
Nel ruolo di prefetto della Giudea gli subentrò Marcello, amico di Lucio Vitellio.
Filone di Alessandria racconta che era corrotto, licenzioso e crudele, che rubava e che condannava senza processo.