
Nella messa tridentina San Michele è ricordato espressamente più volte. Innanzitutto, è menzionato nel Confiteor come primo fra i santi, dopo la Vergine Maria, che è Regina degli Angeli e dei Santi.
Lo si ritrova quindi nella preghiera di benedizione dell’incenso, in cui l’arcangelo viene invocato come «colui che sta alla destra dell’altare dell’incenso».
Oltre alle preci da recitarsi al termine della Messa, Leone XIII stabilì anche un rito esorcistico (l’ Exorcismus in Satanam et Angelos Apostaticos) in cui, nella prima parte, il «principe gloriosissimo delle milizie celesti» e «custode e patrono della Santa Chiesa» viene invocato perché venga in difesa dei cristiani contro il demonio. La Coroncina di San Michele è composta da nove saluti, uno per ognuno dei nove cori angelici.
Dal 1884, anno della sua introduzione, fino al 1965, era obbligatorio che il sacerdote celebrante e i fedeli alla fine di ogni Messa non cantata si mettessero in ginocchio ai piedi dell’altare per recitare le preci leonine, che includevano una preghiera a san Michele. Con l’istruzione Inter oecumenici del 25 settembre 1964, in vigore a partire del 7 marzo 1965, la Congregazione per i Riti e il Consiglio per l’Esecuzione del Decreto sulla liturgia del Concilio Vaticano II, dichiararono soppresso l’obbligo della recita di queste preci, che non erano più considerate parte della Messa