
Ilvangelo gnostico scritto in lingua copta, probabilmente della seconda metà del III secolo, contiene una rivelazione segreta di Gesù risorto ai discepoli in assemblea (inclusa Maria Maddalena, la Madonna, e Marta), durante gli undici anni successivi alla sua resurrezione.
Perduto per secoli, è studiato dal 1772 grazie al codice Askew. Ne sono state ritrovate varianti tra i Codici di Nag Hammadi nel 1945.
Non va confuso con altri testi gnostici: la Sapienza di Gesù Cristo o Sofia di Gesù Cristo; il Dialogo del Salvatore; il Vangelo del Salvatore.
Il Pistis Sophia andò perduto con l’estinguersi dello gnosticismo. Una versione del testo in lingua copta fu trovata a Londra nel 1772 dal medico e bibliofilo Anthony Askew (1699-1774).
Per questo motivo il manoscritto è noto anche come codice Askew o Codex Askewianus.
Il titolo di Pistis Sophia gli fu dato da un certo C.G. Woide, a cui Askew diede l’incarico di studiare e trascrivere l’opera.
L’anno dopo la morte di Askew, nel 1775, il codice fu acquistato dal British Museum, dove è tuttora conservato.
Altri due manoscritti hanno permesso lo studio del testo, il Codice Bruce ed il Codice di Berlino.
Nel 1945 sono state rinvenute tra i Codici di Nag Hammadi altre versioni dell’opera.
La Pistis Sophia acquisisce un’importanza trascendentale dovuto al fatto di costituirsi nella più grande espressione dell’ideale gnostico qual è la completa liberazione dell’anima da tutte quelle legature, visibili o invisibili, che l’imprigionano nella ruota della vita o ruota del Samsara della quale parlano gli indostani.
Il testo proclama che Gesù rimase sulla terra dopo la resurrezione per altri 11 anni, ed in questo periodo insegnò ai suoi discepoli portandoli fino al primo (principianti) livello dei misteri. Esso inizia con un’allegoria che compara la morte e resurrezione di Gesù alla discesa ed ascesa dell’anima.
Dopo questo procede nella descrizione di importanti figure della cosmologia gnostica, e poi, infine, elenca 32 desideri carnali da superare prima che sia possibile la salvezza; proprio il superarli costituiva la salvezza.
In esso vengono esposte le complesse strutture e gerarchie dei cieli contenute negli insegnamenti gnostici.
Il Pistis Sophia allude anche a riferimenti temporali copti e a nomi di demoni o divinità contenuti nei testi magici egiziani.
All’interno del Pistis Sophia, Maria Maddalena è sposa e sacerdotessa di Gesù, e come tale simboleggia la conoscenza (gnosi).
Pistis Sophia rappresenta, a livello puramente intellettuale, il devoto, l’iniziato, l’adepto, e quindi tutta la promanazione eonica della creazione, all’interno della quale l’anima umana, caduta dal tredicesimo eone al caos della materia, trova l’opportunità per risalire e tornare al Dio ineffabile.
Tutta la vicenda del Pistis Sophia altro non è che la rappresentazione della vicenda umana: dalla creazione alla salvezza, passando per la caduta.
Gesù trova Pistis Sophia nel dodicesimo eone, dove è caduta, nel caos della materia, a causa dell’inganno dell’Arrogante, un arconte del tredicesimo eone, che le mostrò una luce dal volto di leone, inducendola a seguirla.
Pistis Sophia seguì la luce perché la scambiò per una luce superiore, simbolo dell’anelito umano al raggiungimento di un essere superiore.
Tale rappresentazione ricorda la caduta di Pistis Sophia nel mito valentiniano, che cade negli abissi a causa del suo anelito egoistico di ricerca del Padre ineffabile e prende il nome di ‘’Prunico’’, la lasciva.