Quanto segue è una testimonianza di Papa Giovanni XXIII avvenuta nel Natale del 1970; egli confida in una intervista lo sfogo di un figlio al quale è mancato il calore e la luce di una
vera famiglia.
Un giovane detenuto, durante una visita al Carcere di Regina Coeli, in occasione del
Natale del 1970, mi consegnò un foglio nel quale aveva sfogato la pena della sua anima.
Ecco il testo:
“Tra pochi giorni è Natale! È la festa della famiglia, ma non è la mia festa, perché io non ho mai avuto una famiglia. Sono figlio di una prostituta e non conosco mio padre: talvolta mi sembra di essere nato senza genitori.
Chi sono? E non riesco a trovare neppure le poche parole che riempiono la carta d’identità di ogni uomo normale: per me, figlio di N.N.
Signore, a volte dubito anche di te, del cielo: di tutto! Mi dà fastidio sperare perché mi sembra un atto vile e indegno dell’ingiustizia che sto soffrendo.
Talvolta urlo e invoco ciò che la vita mi ha tolto violentemente; e vorrei, come un pazzo, correre per le strade almeno per vedere le mamme. Vorrei incantarmi guardandole mentre baciano i loro figli e poi guardare i loro figli per intuire cosa provano in quei beati momenti che per me non potranno mai esistere.
Ho bisogno di una mamma, di una carezza, di una dolce voce che mi chiami ‘figlio’!
O Signore, ascolta il mio pianto. Tu hai avuto la fortuna di avere anche una mamma, una mamma
fatta su misura per te. A me ne bastava una qualsiasi, una modesta, povera, semplice. Ma per me
no, neanche così.
Mamma! Mamma del Signore, mi vuoi bene almeno tu? Anche se sono un pezzente?
Mamma di Gesù, se dici di sì, baciami questa sera. quando mi addormenterò e portami in cielo con te.
Fallo tranquillamente! Non danneggerai nessuno e nessuno piangerà.
Perché io non esisto”.
L’anno successivo, questo giovane si è suicidato impiccandosi.