Nella narrazione si dice che un angelo del Signore apparve sul roveto, e come Yahweh, in seguito, si rivolgesse a Mosè, con voce proveniente dal roveto, mentre questi pascolava il gregge di Jetro.
Quando Mosè iniziò ad avvicinarsi, Dio gli disse di togliersi i calzari, poiché stava calpestando una terra santa, e Mosè si nascose la faccia tra le mani.
Alcuni studiosi dell’Antico Testamento considerano il racconto del roveto ardente come congiunzione tra i testi jahvisti e eloisti, con l’Angelo di Yahweh e la rimozione dei sandali facenti parte della tradizione jahvista e il parallelo eloista con il fatto che era Dio e il nascondersi il volto da parte di Mosè.
Quando viene sfidato sulla sua identità, Yahweh risponde “Io sono colui che sono” ossia Yahweh.
Il testo fa derivare Yahweh (in ebraico: יהוה?) dal verbo ebraico hayah (in ebraico: היה?) che significa essere.
Nella sua risposta, Dio prosegue che è il Dio dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Il testo ritrae Yahweh come colui che dice a Mosè che lo sta mandando dal Faraone per portare gli israeliti fuori dall’Egitto, un’azione che Yahweh descrive come se avesse notato che questi erano oppressi dagli egiziani.
Yahweh dice a Mosè di dire agli anziani degli israeliti che Yahweh li avrebbe condotti nella terra dei Cananei, Ittiti, Amorrei, Iviti e Gebusei, una regione generalmente indicata nel suo insieme con il termine “Cananea”, descritta come una terra di “latte e miele”.
Secondo la narrazione, Yahweh ordinò a Mosè di confrontarsi con gli egiziani e gli israeliti e lo informò su ciò che sarebbe accaduto e poi compì diversi miracoli dimostrativi per rafforzare la credibilità di Mosè.
Tra le altre cose il bastone di Mosè venne trasformato in un serpente, la mano di Mosè divenne temporaneamente segnata dalla lebbra, e l’acqua fu trasformata in sangue.
Secondo i testi, Yahweh chiese a Mosè di prendere il suo bastone in mano, allo scopo di usarlo per fare miracoli, come se fosse un bastone che gli era stato dato, piuttosto che il suo.
Alcuni studiosi dei testi propongono che quest’ultima istruzione sia la versione eloista della descrizione precedente più dettagliata, in cui Mosè usa il proprio bastone, cosa attribuita dai yahvisti.
Mosè è descritto come molto riluttante ad assumere l’incarico, sostenendo che gli mancasse l’eloquenza e per questo dovesse essere inviato qualcun altro.
Nel testo, Yahweh reagì rabbiosamente rimproverando Mosè per la presunzione di tenere una conferenza a Colui che aveva detto chi era qualificato per parlare o non.
Eppure Yahweh concesse e permise ad Aronne di essere inviato ad aiutare Mosè, poiché egli era eloquente e stava già andando ad incontrare Mosè.
Questa è la prima volta nella Torah che Aronne viene menzionato, e qui viene descritto come il portavoce di Mosè.
Alexander e Zhenia Fleisher identificano il roveto della storia biblica con la pianta Dictamnus albus. Essi scrivono:
(EN)
«Intermittently, under yet unclear conditions, the plant excretes such a vast amount of volatiles that lighting a match near the flowers and seedpods causes the plant to be enveloped by flame. This flame quickly extinguishes without injury to the plant.»
(IT)
«Intermittentemente, in condizioni non ancora chiare, la pianta espelle una quantità così grande di prodotti volatili che si accendendo vicino ai fiori e ai semi, facendo sì che la pianta venga avvolta dalle fiamme. Questa fiamma si spegne rapidamente senza danneggiare la pianta.»
Alexander e Zhenia Fleisher Concludono, tuttavia, che il “Dictamnus” non si trova nella penisola del Sinai, aggiungendo: “È, quindi, altamente improbabile che qualsiasi Dictamnus fosse il vero roveto ardente nonostante una così attraente base razionale.”
Colin Humphreys replicò che “il libro dell’Esodo suggerisce un fuoco duraturo che Mosè andò ad indagare, non un fuoco che divampava e poi si spegneva rapidamente”.
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