Il lavoro della lectio non è esegesi propriamente detta perché ha delle regole tecniche e precise a partire dai testi originali, poiché essa studia la preistoria orale e scritta del brano. La lectio invece cerca il contatto con il testo.
La lectio divina, come probabilmente saprete, è una antica pratica tradizione monastica di studio e meditazione della Bibbia, venuta in auge nelle comunità parrocchiali e nelle associazioni laicali negli anni del post-Concilio. In Italia la sua divulgazione è legata in particolar modo al lavoro del Cardinal Martini, anche se la sua diffusione è stata dovuta a un gran numero di biblisti, di comunità e di singoli fedeli.
Il monaco Guigo inizialmente descrisse la lectio in quattro passi: lectio, meditatio, oratio e contemplatio; questo è anche lo schema proposto da Bose e dal sito dei Padri Carmelitani. L’insegnamento di Martini e l’uso moderno riprendono una quinta fase aggiunta successivamente a Guigo che è l’actio.
Dal passato di partecipazione ad altre Lectio Divine ho raccolto quel luogo di solitudine e di silenzio per situarmi davanti alla presenza di Dio che mi parlava. In ginocchio o prostrato o comunque teso con tutto il mio corpo ad essere ricettivo nei confronti della Sua presenza.
Quindi disponendomi all’ascolto del Dio che mi parla attraverso le Scritture avveniva la Sua contemplazione e mossi dallo Spirito mi univo a Cristo, alla sua preghiera e con lui e per lui e in lui andare al Padre.
Questo mi dava la possibilità del distacco da me stesso, esodo dal mio io a quello del Cristo, dalle cose della terra a quelle del cielo nella condizione indispensabile per il discernimento. Ovvero far tacere tutto ciò che mi preme per poter ascoltare la Parola.
La Parola risuona in ciascuno liberamente ed in quella fase la risposta al testo è interiore e personale, poi diventa collettiva nella condivisione e nel costruire sui tasselli già messi dagli altri.
“Il Vangelo è il corpo di Cristo”, scriveva il grande biblista San Girolamo (345-420). “Noi mangiamo la carne e beviamo il sangue di Cristo nel mistero dell’Eucaristia, ma anche nella lettura delle Scritture”.
In questo senso, San Giovanni Paolo II diceva che “il primato della santità e della preghiera è concepibile solo a partire da un rinnovato ascolto della Parola di Dio. È necessario che questo ascolto diventi un incontro vitale che ci permetta di trarre dal testo biblico la parola viva che interpella, guida e plasma l’esistenza”.
La Lectio Divina non è una semplice lettura, ma passa attraverso di essa. Non è uno studio, eccessivamente intellettuale, ma fa uso dell’intelligenza. Richiede fede, umiltà, affinché si possa stabilire un dialogo con Dio, perché è a Lui che ci rivolgiamo quando preghiamo.
La procedura rimane la stessa. Guigues II l’Angelico lo riassume così: “Cerca leggendo e troverai meditando; bussa pregando e ti sarà aperto nella contemplazione”.
In questo i monaci consigliano che: “L’essenziale è prendere tempo con Gesù. La preghiera si nutrirà allora di tutte le aspettative che la parola di Dio avrà scavato“.
Ovviamente partecipare ad una Lectio Divina non è semplice perché è, insieme alla liturgia (Messa, Preghiera delle Ore) e allo studio, uno dei modi per gustare e nutrirsi della Parola di Dio.
La frase lectio divina, difficile da tradurre, è il latino per “lettura sacra.” Il nome Lectio potrebbe essere reso come una lettura sacra o migliore, una lettura divina. Deriva dal verbo lego, per scegliere, scegli.
In breve, lectio divina si può dire sia una raccolta di una determinata frase o parola attraverso la quale Dio stesso parla.
Per coloro che non possono partecipare fisicamente ad una Lectio Divina consiglio la lettura dei testi pubblicati in questo bel sito web: https://lectio-divina.org
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