
L’analisi delle strutture sociali dei popoli arcaici ebbe un inizio promettente con Lewis Henry Morgan (1818-1881) ed Edward Burnett Tylor (1832-1917), i quali, nei loro studi sugli amerindi e su altre popolazioni primitive, rivelarono la comune struttura sociale di tribù di diversi paesi.
La struttura era caratterizzata da un sistema complesso di rapporti, spesso matrilineari e dalla mancanza di proprietà privata e di un apparato repressivo (prigioni, polizia, ecc. L.H. Morgan, Ancient society, Londra, 1877; E.B. Tylor, Anahuac, Londra, 1861). Questo fu per loro lo stato primitivo della nostra civiltà, corrispondente all’antica organizzazione sociale della Grecia antica e di Roma antica.
Ma questa traccia, che minacciava di minare alla sua stessa base la morale, la proprietà privata e lo Stato borghese, era troppo pericolosa per gli antropologi accademici, i missionari, gli esploratori che avevano raccolto le prime informazioni dirette sulle civiltà selvagge. Anche questo compito fu lasciato a Marx e a Engels.
Da parte sua, la scienza borghese preferì porsi sul terreno del comparativismo di James Frazer (1854-1941) e di Edvard Westermarck (1862-1939) e limitarsi alla raccolta di oggetti d’arte e folclore, alla ricerca delle origini razziali attraverso la misurazione dei crani. Col miglioramento delle comunicazioni e con l’intensificarsi dello sfruttamento coloniale che caratterizzarono gli ultimi decenni dell’Ottocento, i contatti con i popoli primitivi si moltiplicarono.
E sebbene nella maggior parte dei casi questi contatti avvenissero unicamente in funzione dello sfruttamento e dello sterminio delle popolazioni indigene, resero anche possibile una maggiore conoscenza dei loro costumi e delle loro credenze. I primi studi antropologici sul posto furono quelli effettuati nel 1871 da Nikolaj Miklucho-Maklaj (1846-1888) nella Nuova Guinea e da una spedizione zoologica nello stretto di Torres e nella Nuova Guinea (1898-1899). Di questa fecero parte Alfred Cort Haddon (1855-1940) e William Rivers (1864-1922).
Dal suo canto, Robert Henry Codrington studiò su isole della Melanesia, scoprendo il mana. Ma neanche di queste osservazioni dirette, che valsero a confermare lo schema di organizzazione tribale fornito da Morgan e Tylor, si seppe dare altro che un’interpretazione psicologica, mentre gli aspetti economici seguitarono a essere trascurati.
Con il grande contributo di studiosi come Bronisław Malinowski ci si avvierà verso una nuova stagione antropologica e si potrà parlare di nuovi modelli di studio.
L’antropologia si muove dalla vecchia prassi, essere antropologo ad inizio novecento significa andare verso le realtà di cui si parla, verificare, riportare, immedesimarsi: nasce la cosiddetta osservazione partecipante, ovvero la capacità di calarsi a fondo in un ambiente sociale diverso dal proprio con il fine di riportare in maniera oggettiva e scientifica ciò che si osserva.
Malinowski fu anche tra i primi ad usare nuovi mezzi per ottenere informazioni, per esempio apparecchi di registrazione, strumenti per filmare e soprattutto la macchina fotografica.
Oltre a ciò, il grande studioso tenne numerosi diari di appunti sulla popolazione delle Trobriand (il locus antropologico di Malinowski) che saranno pubblicati dopo la sua morte e che rivelarono la grande difficoltà di immedesimarsi dell’antropologo in contesti lontani e molto diversi dal proprio, oltre al fatto dell’mpossibilità di riportare oggettivamente certe realtà.
Negli anni sessanta e anche precedentemente, le discipline antropologiche subirono ulteriori cambiamenti, uno dei più clamorosi fu l’unione con la linguistica (la linguistica strutturale di Saussure) operata da Claude Levi Strauss con la finalità di superare il pregiudizio etnocentrico occidentale e arrivare a riconoscere la presenza di strutture comuni a tutti gli uomini, idea criticata in modo diverso da tutti i post strutturalisti.