
Dottrine filosofiche come l’idealismo critico di Fichte, o il realismo trascendente di Hartmann, sono dunque incoerenti perché non possono aspirare all’oggettività nel momento in cui giudicano l’oggettività stessa alla stregua di un sogno o d’una chimera.
Parzialmente giustificato è invece, secondo Steiner, il realismo primitivo, che per lo meno attribuisce alle percezioni esterne un carattere oggettivo, e non le confonde con le rappresentazioni provenienti dalla nostra interiorità, sebbene poi consideri erroneamente il pensiero come un’astrazione separata dalla realtà:
«La coscienza primitiva tratta il pensare come un quid che non ha nulla a che fare colle cose; […] il mondo è lì bell’e fatto, con tutte le sue sostanze ed energie; di questo mondo completo in sé l’uomo si fa un’immagine.
Ma a chi pensa così, bisogna domandare: Con che diritto considerate voi il mondo come completo, senza il pensare? Non produce forse il mondo, colla stessa necessità, il pensare nella testa dell’uomo e i fiori sulla pianta? Piantate un seme nel terreno: getterà una radice e un fusto: svilupperà foglie e fiori. Ponete la pianta di fronte a voi stessi: essa si unisce nella vostra anima con un determinato concetto. Perché questo concetto apparterrebbe all’intera pianta meno delle foglie e dei fiori?» (R. Steiner, op. cit., p. 28).
La posizione filosofica in cui Steiner si riconosce, ossia il monismo, non si ferma alla singola percezione di un oggetto, scambiandola per la sua totalità, come fa il realismo ingenuo; ma neppure ipotizza una fantomatica cosa in sé nascosta dietro la percezione come fa l’idealismo critico.
Esso, piuttosto, unisce le diverse percezioni che avvengono in determinati momenti attraverso il nesso ideale del pensiero, il quale è in grado così di ricomporre l’interezza della realtà.
Non si può dire ad esempio che è l’occhio a produrre soggettivamente i colori, la cui vera natura sarebbe radicalmente diversa da quanto siamo in grado di percepire, bensì che esiste una relazione concettuale, colta dal pensiero, tra l’occhio e i colori.
La fisiologia moderna fraintende questo nesso ideale come se fosse un oggetto di percezione materiale, pur non percependolo affatto.
Per via della nostra conformazione spirituale, la realtà in divenire, con le sue trasformazioni, ci è data dapprincipio in forma incompleta attraverso singole percezioni, che generano in noi sentimenti e sensazioni individuali; ma questa stessa realtà si riconnette in unità nel pensiero, in maniera universale, attraverso l’intuizione, così che, dice Steiner, «in quanto pensiamo, siamo l’essere uno e universale che tutto pervade». Il concetto di triangolo, ad esempio, è uno ed universale anche se pensato da molti.
«La percezione dunque non è nulla di completo, di finito in sé, ma è uno dei lati della realtà totale. L’altro è il concetto. L’atto conoscitivo è la sintesi della percezione e del concetto. Percezione e concetto di una cosa formano la cosa completa. […] è assurdo ricercare negli esseri singoli del mondo qualcos’altro di comune, al di fuori del contenuto ideale che il pensare ci fornisce. Tutti i tentativi tendenti ad un’altra unità universale che non sia questo contenuto ideale, ottenuto per mezzo del pensare applicato alle nostre percezioni, devono fallire.» (R. Steiner, op. cit., p. 30)
L’essenza ultima della realtà, conoscibile solo nel pensiero, non può essere identificata ad esempio con la volontà di cui parlava Schopenhauer, perché questa deriva a sua volta da un’autopercezione, che può arrivare alla coscienza solo grazie al pensiero. Wikipedia.