La donna nella Chiesa Cattolica ha assunto, sin dall’Antico Testamento, una condizione di netta subordinazione rispetto all’uomo nei ruoli e nelle funzioni.
Il peccato originale, commesso inizialmente dalla donna, secondo il racconto biblico, con le conseguenze descritte in Gn 3,16, ha determinato in molte epoche storiche, una condizione ben precisa di essere demoniaco portatrice di problemi e rotture all’interno di famiglie, comunità religiose, affetti personali, ed altro.
Nel Vecchio Testamento, se si escludono alcuni personaggi femminili di rilievo e l’esaltazione della donna nei Salmi e nel Cantico dei Cantici, abbiamo la Lettera ai Galati 3,28 che stranamente tratteggia l’uguaglianza del genere, superando qualsiasi differenza e nella Lettera ai Romani 16 e nella Prima Lettera ai Corinzi sin cui c’è il servizio di diaconessa e di profetessa, poi sempre nella Prima lettera ai Corinzi in 11,3-9 e 14,34-35 c’è la condizione che le donne devono avere nei confronti dell’uomo.
Nel pensiero di Agostino di Ippona e di Tommaso d’Aquino approfondiscono il ruolo di diaconesse nella Chiesa fino al IV secolo, ma solo funzionale o con ordinazione sacramentale, ed è certo che la loro collaborazione con presbiteri e vescovi era davvero fattiva. Tale ruolo è poi scomparso sia nella Chiesa ortodossa che in quella cattolica, mentre esiste in quelle della Riforma.
Ora, studiando attentamente quanto svolgeva Gesù, rimaniamo abbastanza perplessi sul fatto che la Chiesa Cattolica e Ortodossa, dimentica, per non dire nasconde, che la missione di Gesù di Nazareth viene accompagnata costantemente dalla presenza femminile negli anni della predicazione fino al momento della morte ed a quello della resurrezione.
La donna, pertanto, ha una parte essenziale nella comunità della fede come d’altra parte attestano il brano 15,28 del Vangelo di Matteo, in cui il Maestro rivolge il più grande elogio per una grande fede vera ad una donna Cananea, e molti altri testi come negli Atti degli apostoli, soprattutto sottolineando il fatto che Gesù è sorto grazie a sua madre Maria.
Dal IV secolo inizia la emarginazione della donna nella Chiesa se pur abbiamo ulteriori esempi di notevole entità, sia nell’impegno ecclesiale, culturale che umano, come ad esempio Teresa d’Avila, prima donna Dottore della Chiesa, Cristina di Svezia, Teresa di Lisieux, Maria Teresa Goretti, Edith Stein, ed altre ben note ed anche ai più sconosciute.
Leggendo il Concilio Vaticano II, il Mulieres Dignitatem di Giovanni Paolo II ed altri, la dignità della donna non viene riconosciuta, in quanto si evince che la sua presenza squilibra la solidità spirituale nella Chiesa, salvo rari casi in cui gli viene riconosciuto un ruolo ed un’azione necessaria, ma circoscritta.
Quindi va bene se la donna si impegna in funzioni essenziali quali l’ospitalità, la catechesi, il soccorso ai malati, agli anziani, ai bisognosi, il servizio nella preghiera, il lavoro amministrativo e contabile, mansioni di supporto in lavori domestici per membri della gerarchia X o y.
La bilancia pende però sul lato negativo nel introdurre la donna su ruoli differenti da quelli sopra menzionati, e, tale valutazione, avviene quando per esempio si hanno situazioni in cui disgregano il nucleo familiare, convinte che essere libere dai legacci dell’uomo è più importante, quindi nel evitare la responsabilità nel continuare ciò che DIO ha unito.
D’altronde non si può negare che se in un matrimonio manca quel lievito necessario per fare il pane, inteso il rapporto umano, il rispetto in primis, e quello sessuale per ultimo, combattere per mantenere il nucleo soltanto per una facciata esteriore, porta soltanto a problematiche psicologiche devastanti, ovviamente da ambo le parti, compreso i figli.
Tuttavia ci sono diversi situazioni in cui la donna europea ritiene non andare avanti, quindi non impegnarsi oltre in quel rapporto matrimoniale, quindi chiede la separazione, spesso per il carattere che se irruente è importante chiudere ogni tipo di rapporto umano.
La medesima nel tradimento o peggio avere richieste in rapporti personali psicologici, ma anche fisici, ben distanti da quel rispetto nel corpo femminile, pertanto è opportuno anche in questo caso fuggire dalla situazione separandosi dal marito.
Nel contempo ci sono anche donne assimilabili alla ben nota Jezebel, le quali spruzzano il loro lievito sensuale per poi ritirarsi nell’alcova come una fanciulla spaventata. Queste, in Europa, riescono a nascondersi dietro al loro compagno/marito, mentre altrove, come nei paesi arabi, vengono punite con la fustigazione ed in altre parti si arriva alla lapidazione, se non peggio. E’ ben ovvio che siamo ad un livello di brutalità umana eccessiva.
Pertanto questi fatti che non sono sporadici portano a riflettere sul fornire alla donna una posizione differente a quella attuale, almeno nella Chiesa Cattolica ed Ortodossa, per evitare comportamenti non consoni anche se da una parte c’è la volontà nel sostenere l’emancipazione della donna, ma dall’altra il timore di reazioni soprattutto morali.
Ed anche se la Chiesa Anglicana insegna come educare le diaconesse, le quali svolgono un percorso molto impegnativo in cui si hanno anche studi teologici ed umanistici fondamentali, nell’obiettivo primario di poter amministrare il popolo di Dio, tuttavia in quella Cattolica le logiche legate alla tradizione non consentono quel tipo di ruolo.
Le trasformazioni nel percorso spirituale sull’evangelizzazione e sviluppo antropologico e umanistico, nella chiesa e nelle comunità, sono basilari per dare un nuovo impulso a questo vecchio sistema ecclesiastico. Vedremo in futuro nelle chiese cattoliche e ortodosse delle donne sacerdoti ?