
Esso infatti è fortemente segnato dal secolarismo, «che consiste in una visione autonomistica dell’uomo e del mondo, la quale prescinde dalla dimensione del mistero, anzi la trascura e la nega. Questo immanentismo è una riduzione della visione integrale dell’uomo».
Il secolarismo costituisce quasi un’atmosfera, all’interno della quale vivono moltissimi cristiani del nostro tempo. Soltanto con grande difficoltà essi possono liberarsi del suo influsso. Perciò non c’è da meravigliarsi se anche tra alcuni cristiani sorgono perplessità circa la speranza escatologica.
Frequentemente guardano con ansia alla morte futura; sono afflitti non solo «al pensiero dell’avvicinarsi del dolore e della dissoluzione del corpo, ma anche, e anzi più ancora, per il timore che tutto finisca per sempre».
In tutti i tempi della storia i cristiani sono stati esposti alle tentazioni del dubbio. Ma, ai nostri tempi, le ansie di molti cristiani sembrano indicare una debolezza della speranza.
Siccome «la fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» (Eb 11,1), sarà opportuno tenere presenti con maggiore costanza le verità della fede cattolica che riguardano il proprio destino futuro. Cercheremo di riunirle in una sintesi, mettendone in evidenza soprattutto quegli aspetti che possono dare direttamente una risposta alle ansie contemporanee.
La fede così sosterrà la speranza. Prima però d’intraprendere tale compito, è necessario delineare i fondamenti principali dai quali pare provengano le odierne ansie.
Bisogna riconoscere che, ai nostri giorni, la fede dei cristiani viene scossa non solo da influssi che devono essere considerati esterni alla Chiesa: oggi si può scoprire l’esistenza di una certa «penombra teologica».
Non mancano infatti alcune nuove interpretazioni dei dogmi, che i fedeli percepiscono come se in esse fossero messe in dubbio la stessa divinità di Cristo e la realtà della sua risurrezione. Da tali opinioni i fedeli non ricevono alcun sostegno alla propria fede, anzi piuttosto hanno motivo di porre in dubbio molte altre verità di fede.
L’immagine di Cristo che traggono da tali reinterpretazioni non può proteggere la loro speranza. Nel campo direttamente escatologico vanno ricordate le «controversie teologiche largamente divulgate nell’opinione pubblica, delle quali la maggior parte dei fedeli non è in condizione di distinguere né l’oggetto né la portata.
Si sente discutere sull’esistenza dell’anima, sul significato della sopravvivenza; così pure ci s’interroga su quale relazione ci sia tra la morte del cristiano e la risurrezione universale. Tutto ciò disorienta il popolo cristiano, che non riconosce né il proprio lessico, né le nozioni familiari».
Tali dubbi teologici esercitano frequentemente un influsso non lieve sulla catechesi e sulla predicazione, poiché, quando si insegna la dottrina, o vengono manifestati di nuovo o inducono al silenzio circa le verità escatologiche.
Al fenomeno del secolarismo è immediatamente unita la persuasione ampiamente diffusa, e certamente non senza l’intervento dei mezzi di comunicazione di massa, che l’uomo, come tutte le altre cose che esistono nello spazio e nel tempo, non è altro che materia e che con la morte svanirebbe totalmente.
Inoltre la cultura attuale, che si sviluppa in questo contesto storico, si sforza con tutti i mezzi di far dimenticare la morte e le domande che inevitabilmente sono unite ad essa. D’altra parte, la speranza viene scossa dal pessimismo circa la stessa bontà della natura umana, nel quale ha origine l’aumento di angosce e afflizioni.
Dopo l’immensa crudeltà mostrata dagli uomini del nostro secolo nella seconda guerra mondiale, vi era in genere la diffusa speranza che essi, ammaestrati dalla dura esperienza, avrebbero instaurato un ordine migliore, di libertà e di giustizia.
Ciò nonostante, in un breve spazio di tempo, sopraggiunse un’amara delusione: «Crescono infatti oggi ovunque nel mondo la fame, l’oppressione, l’ingiustizia e la guerra, le sofferenze, il terrorismo e altre forme di violenza di ogni genere».
Nelle nazioni ricche moltissimi sono attratti «dalla idolatria dei beni materiali (il cosiddetto consumismo)» e non si curano del prossimo. È facile pensare che l’uomo contemporaneo, schiavo, in tale grado, degli istinti e delle concupiscenze e assetato esclusivamente dei beni terreni, non sia per nulla destinato a un fine superiore.
In tal modo molti uomini dubitano se la morte li porti al nulla o a una vita nuova. Fra coloro i quali ritengono che esista una vita dopo la morte, molti la immaginano di nuovo sulla terra attraverso la reincarnazione, in modo che il corso della nostra vita terrena non sarebbe unico.
L’indifferentismo religioso dubita del fondamento della speranza di una vita eterna, cioè se esso sia fondato sulla promessa di Dio attraverso Gesù Cristo o se si debba fondarlo su un altro salvatore che bisogna attendere.
La «penombra teologica» favorisce ulteriormente questo indifferentismo, in quanto suscita dubbi intorno alla vera immagine di Cristo, i quali rendono difficile a molti cristiani lo sperare in lui. Vatican.va