Lo storico Riley-Smith ha dimostrato che i crociati affrontarono spese enormi per pagarsi il viaggio, fino a quattro-cinque volte il loro reddito annuo, talvolta vendendo o impegnando i loro beni e spesso a scapito della famiglia.
Per l’equipaggiamento di un cavaliere si spendeva una cifra pari a quella occorrente oggi per comprare un’automobile di grossa cilindrata.
I prìncipi dovevano affrontare spese enormi. Per fare un esempio, Riccardo Cuor di Leone per la sua crociata nel 1190 dovette affittare cento navi, comprare cinquemila cavalli e dotarli di dodici ferri ciascuno, pagare gli estensori della mappe necessarie, gli interpreti, i manovali capaci di costruire torri d’assedio, eccetera.
«Solo la fede poté aver fatto quanto in ciò vi era di bene, l’integra fede di pochi, la fede parziale di molti», scrisse il poeta Thomas S. Eliot ne I cori della rocca (VIII).
Una fede che indusse migliaia e migliaia di nostri antenati a rovinarsi economicamente per andare a buttare qualche anno della propria vita, o la stessa, in un viaggio infinito verso le sabbie e le sofferenze e i bollori della Palestina. Con la speranza di un solo premio: la salvezza della propria anima.
Ed ebbe qualcosa di miracoloso il permanere dei regni cristiani in una esigua fascia di terra stretta al mare e schiacciata per tre lati dell’immensa marea musulmana.
Due secoli resistettero, e finché i crociati furono là, la secolare aggressività islamica segnò il passo, per poi riprendere alla conquista dell’Europa dopo la caduta alla fine del XIII secolo dell’ultimo baluardo cristiano in Terrasanta, Acri.
Fonte : Crociati in tutti i sensi