
I salmi possono essere recitati e meditati come un percorso spirituale personale, diventando una scuola interiore di preghiera. Un corpo di salmi compatto secondo il camaldolese Matteo Ferrari.
I quindici salmi potrebbero essere stati cantati da leviti sui gradini che portavano al tempio, oppure in pellegrinaggio, con un itinerario che si snoda dalla partenza e si conclude al tempio di Gerusalemme con varie soste intermedie.
I quindici salmi sono strutturati in tre serie di cinque ciascuna. Al centro vi è un salmo dedicato a Gerusalemme, la meta del cammino; si apre con un salmo di fiducia e si conclude – tranne che nell’ultimo caso, con uno storico. Sono poesie, scrigni di tesori di preghiere che intendono muovere il cuore, non dare informazioni.
I Salmi 120-124 sono visti come una partenza che può spesso avvenire da una situazione di oppressione e di angoscia.
Nel Sal 120 lingue ingannatrici perseguitano l’orante, che invoca YHWH perché liberi la sua vita da un ambiente esilico che brama solo la guerra e non la pace.
«Da dove l’aiuto?», si domanda l’orante del Sal 121. L’aiuto non potrà mai venire dall’esterno, ma solo dal Signore creatore del cielo e della terra. Il Signore è il custode della vita del pellegrino, giorno e notte.
Il centro del Sal 122 è Gerusalemme, di cui si canta la bellezza e l’armonia come quella di una sposa. Una città armoniosa soprattutto per i rapporti con Dio e fra gli uomini e le donne nella società, ispirati alla giustizia. Una città costruita da Dio unita e compatta. In essa c’è la casa del Signore, il tempio e il trono del re davidico. È il centro di unità delle tribù del popolo di Israele. Per Gerusalemme il pellegrino chiederà la pace e il bene, lo shalom, l’insieme dei beni messianici.
Nella supplica del Sal 123 l’orante alza gli occhi verso i monti, «a te che siedi nei cieli». La supplica si innesta sulla dichiarazione di fiducia di essere ascoltato. Il pellegrino si rivolge direttamente al Dio pietoso per essere liberato dal disprezzo e dallo scherno di chi lo circonda. I suoi occhi si rivolgono a YHWH con un atteggiamento uguale a un servo che intende vivere sottomesso a lui ma con grande fiducia di ottenere la pienezza dei suoi doni, di potersi guardare con lo stesso sguardo di misericordia con cui lo guarda il Signore.
Il Sal 124 chiude la prima serie con uno sfondo storico. L’orante costata come il Signore sia sempre stato con il suo popolo, dalla sua parte. La rilettura della storia diventa poi preghiera.
Il Signore è stato pellegrino col suo popolo e non è un antagonista dell’uomo come suggerisce il serpente antico. «Se il Signore non fosse stato con noi» (LXX e VG «in noi») – dice l’orante –, i nemici ci avrebbero inghiottiti vivi. Ma il Signore c’è sempre e la liberazione è uno sfuggire da un laccio che uccide. Sia benedetto il Signore con benedizione ascendente, perché l’aiuto liberatorio può venire solo da lui. Al centro del salmo c’è quindi l’immagine che noi abbiamo di Dio.
Fine prima parte