Quello che viene proclamato nella VI domenica di Pasqua continua ad insistere sulle conseguenze che la Risurrezione di Gesù provoca nella vita di chi lo ha realmente incontrato.
Il IV Vangelo si sviluppa tra Gesù e i discepoli e pensando ad esempio all’allegoria della vite e dei tralci (Gv 15) essi, se rimangono nella Parola di Gesù, Egli dimora in loro.
Ma come può Gesù rimanere nei discepoli se sta per verificarsi un distacco insuperabile, quello della morte?
La risposta è nell’annuncio del Paraclito, dello Spirito Santo con il quale Gesù rimane presente con i discepoli per l’eternità, cioé in vita e alla loro morte.
Gesù è lapidario, il suo parlare non lascia spazio ad equivoci o manovre di aggiustamento della portata del suo pensiero, quello che ci comunica è troppo importante per noi, la posta in gioco è la piena realizzazione umana e la felicità eterna. Gesù è già tra noi.
Gesù invita ad arrivare ad un amore operante, benefattore e concreto; così l’ha capito l’apostolo Giacomo quando disse: «Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in sé stessa» (Gc 2,15-17).
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