Fare il presepe è celebrare la vicinanza di Dio, è riscoprire che Dio è reale, concreto, vivo e palpitante. Dio non è un signore lontano o un giudice distaccato, ma è Amore umile, disceso fino a noi. Il Bambino nel presepe ci trasmette la sua tenerezza.
Accanto a Gesù vediamo la Madonna e San Giuseppe. Possiamo immaginare i pensieri e i sentimenti che avevano mentre il Bambino nasceva nella povertà: gioia, ma anche sgomento. E possiamo anche invitare la Sacra Famiglia a casa nostra, dove ci sono gioie e preoccupazioni, dove ogni giorno ci svegliamo, prendiamo cibo e sonno vicini alle persone più care.
Il presepe è un Vangelo domestico. La parola presepe letteralmente significa “mangiatoia”, mentre la città del presepe, Betlemme, significa “casa del pane”. Mangiatoia e casa del pane: il presepe che facciamo a casa, dove condividiamo cibo e affetti, ci ricorda che Gesù è il nutrimento, il pane della vita (cfr Gv 6,34). È Lui che alimenta il nostro amore, è Lui che dona alle nostre famiglie la forza di andare avanti e perdonarci.
Il presepe ci offre un altro insegnamento di vita. Nei ritmi a volte frenetici di oggi è un invito alla contemplazione. Ci ricorda l’importanza di fermarci. Perché solo quando sappiamo raccoglierci possiamo accogliere ciò che conta nella vita. Solo se lasciamo fuori casa il frastuono del mondo ci apriamo all’ascolto di Dio, che parla nel silenzio.
Estratto dalla Udienza del Papa Francesco Dicembre 2018
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Nota di redazione
Leggi la storia su com’è nato il Presepe nel sito web dell’OPUS DEI