In questa Lectio Divina del 16 Ottobre troviamo una vedova che, incessantemente chiede giustizia ad un giudice; vediamo quindi l’insistenza, la sapienza e l’intelligenza nel rendere la richiesta necessaria per la gloria del Signore.
«Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»» (Lc 18,1-8, CEI)
Prendiamo l’esempio di Assalonne per essere ascoltato incendia il campo dell’orzo di Ioab:
“Assalonne abitò a Gerusalemme due anni, senza vedere la faccia del re. Poi Assalonne fece chiamare Ioab per mandarlo dal re, ma egli non volle andare da lui. Lo fece chiamare una seconda volta, ma non volle andare. Allora Assalonne disse ai suoi servi: «Vedete, il campo di Ioab è vicino al mio e vi è l’orzo: andate e appiccatevi il fuoco!». I servi di Assalonne appiccarono il fuoco al campo. Allora Ioab si alzò, andò a casa di Assalonne e gli disse: «Perché i tuoi servi hanno dato fuoco al mio campo?». Assalonne rispose a Ioab: «Io ti avevo mandato a dire: Vieni qui, voglio mandarti a dire al re: “Perché sono tornato da Ghesur? Era meglio per me stare ancora là”. Ora voglio vedere la faccia del re e, se vi è colpa in me, mi faccia morire!». Ioab allora andò dal re e gli riferì la cosa. Il re fece chiamare Assalonne, che venne e si prostrò con la faccia a terra davanti al re. E il re baciò Assalonne” (2Sam 14,33).
Neemia ci insegna come tutto si deve chiedere a Dio con la preghiera, anche una semplicissima risposta:
“Il re mi disse: «Perché hai l’aspetto triste? Eppure non sei malato; non può essere altro che un’afflizione del cuore». Allora io ebbi grande timore e dissi al re: «Viva il re per sempre! Come potrebbe il mio aspetto non essere triste, quando la città dove sono i sepolcri dei miei padri è in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco?». Il re mi disse: «Che cosa domandi?». Allora io pregai il Dio del cielo e poi risposi al re: «Se piace al re e se il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi, mandami in Giudea, nella città dove sono i sepolcri dei miei padri, perché io possa ricostruirla»” (Ne 2,1-5).
Il giudice è colui che ogni volta qualcuno/a bussa insistentemente, per non aver più una rogna, esegue quanto chiesto, ma non è un comportamento esemplare.
Gesù ci chiede di pregare il Padre con grande fiducia e abbandono. Lui sempre ascolta i suoi figli. Non è come il giudice disonesto.
Non è come quegli uomini ipocriti e opportunisti che negano di aiutare il prossimo raccontando bugie al fine di mantenere il loro orticello per paura che, egoisticamente, perdono quanto si sono ingiustamente accaparrati.
DIO è ricco di misericordia per tutti coloro che vivono come suoi figli e si affidano a Lui.
Dalla parabola si possono ricavare diversi elementi: innanzitutto che la persistenza della preghiera ha portato infine la vedova a raggiungere il suo scopo, cioè di farsi almeno ascoltare dal giudice, ribadendo comunque che Dio è ben più lesto nel rispondere alle preghiere dei suoi fedeli, e lo fa con maggiori motivazioni. La parabola dell’amico importuno ha un significato simile.
Joel B. Green intende questa speranza come un inno a non perdere la speranza nell’escatologia del messaggio cristologico, ed anche un’eco a Siracide 35: “perché il Signore è giudice e non v’è presso di lui preferenza di persone. Non è parziale con nessuno contro il povero, anzi ascolta proprio la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance e il suo grido non si alza contro chi gliele fa versare?”
William Barclay riporta come la parabola si concentri ben poco in realtà su chi prega, ma piuttosto sul contrasto tra Dio e l’uomo. Nella preghiera si parla ad un Padre pronto a donare.
Donald Parry e Jay A. Parry ha suggerito che “questa parabola applichi a ciascuno di noi che ha degli avversari che possono anteporsi alla nostra vita spirituale, siano essi esseri mortali o demoniaci, o particolari peccati che continuano a fiaccarci. Noi, come la vedova importuna, dobbiamo sempre pregare contro questi avversari. Se lo faremo, il Padre Celeste ascolterà le nostre preghiere e ci porterà alla liberazione.”
Come lo stesso Cristo ha suggerito in questa parabola la liberazione non potrà essere offerta in maniera completa sino a quando “il Figlio dell’uomo non sarà venuto.” (Lc 18,8) Cristo vendicherà i suoi eletti, quanti hanno mantenuto in lui la fede nel suo secondo ritorno sulla terra (Lc 18,7-8).
Fonti di ispirazione e aiuto a questo testo
cercoiltuovolto , wikipedia, lalucedimaria, lafaretra.