Nel suo breve ma convincente libro Civiltà e suoi malcontenti, Freud ha fatto quello che per me è uno dei suoi argomenti più validi.
Propose, in poche parole, che gli esseri umani fossero bloccati tra due forze potenti ma in competizione: una serie di inclinazioni interne profonde, problematiche, tra cui l’aggressività e, non a caso, il sesso, che designò “id”(Latino per” esso “) e una serie altrettanto potente di norme e regolamenti imposti esternamente, incaricati dalla cultura, che essenzialmente richiedono alla nostra specie di frenare la sua id.
Il problema, come lo vide Freud, è che una parte sostanziale della natura umana è incapsulata in questo id, che, se autorizzato a procedere senza controllo, è suscettibile di non generare fine al caos nel perseguimento di benefici individuali e egoistici.
Gli esseri umani – come tutti gli altri animali sociali – hanno anche profonde inclinazioni per la cooperazione e il coordinamento.
La teoria del fitness inclusiva, ad esempio, sottolinea che i geni agiscono a beneficio di se stessi, in particolare copia identificativa di se stessi residenti in altri corpi, che ci sono genitori.
Quando Richard Dawkins ha iniziato il suo libro senso influenzato Il gene egoista, aveva perfettamente ragione, sebbene avrebbe potuto con uguale precisione chiamarlo “Il gene altruistico”, sin da gran parte del tempo, i geni agiscono “egoisticamente” aiutando gli altri. Ciò che è egoista a livello di geni può quindi emergere, paradossalmente, come altruismo a livello di corpi.
Freud e Darwin ci hanno dato molto da considerare, ma cosa possiamo imparare sulla coscienza dal Buddha?
Abbiamo una predilezione speciale per il buddismo, in particolare la sua manifestazione più recente come “socialmente impegnata” piuttosto che ritirata meditativamente dalla nostra responsabilità verso il mondo che ci circonda, un mondo a cui siamo veramente (cioè biologicamente) connessi.
I numerosi insegnamenti del buddismo includono il riconoscimento della “natura buddha” di ogni persona – che in particolare implica il riconoscimento della nostra interconnessione con tutti gli altri esseri – e la sua comparsa e fioritura.
Ciò dovrebbe tradursi non solo nell’illuminazione personale, ma nel tipo di coscienza sociale ed ecologica che induce i seguaci ad agire per il “beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Si ringrazia per il testo David Paul Barash +