
Racconta S. Agostino, nel suo libro sulla città di Dio, che il Senato Romano aveva deciso d’innalzare una statua a Gesù Cristo: « di divinità la repubblica ne ha già parecchie, — pensavano quei bravi senatori, — ed aggiungerne una ancora non fa certamente male a nessuno ».
Ma la cosa non andò così liscia come si sarebbe potuto immaginare. Innalzata che fu la statua di Nostro Signore nel Pantheon di Agrippa in mezzo a tutti gli altri simulacri, per due o tre mattine di seguito la trovarono sola e diritta nel tempio deserto, mentre le statue d’ogni altro idolo, sfracellate, giacevano fuori di quel tempio.
Il significato del prodigio non è oscuro, anzi ce lo manifestano splendidamente le parole stesse di Gesù nel brano evangelico di questa domenica.
« A due padroni non si può servire: o l’uno o l’altro bisogna amare, o l’uno o l’altro bisogna odiare ».
In uno stesso tempio non ci può stare l’immagine di Cristo e quella di Bacco.
In uno stesso cuore non c’è posto per Dio e l’Avarizia, per il Signore e il mondo, insieme.
Press’a poco queste parole diceva Gesù sopra una collina solitaria, emergente dalla sponda destra del lago di Tiberiade.
Da lontano appariva nel sole la città di Cafarnao.
Il declivio verdissimo di erbe nuove s’ingemmava allora di gigli.
Stormi di uccelli volteggiavano nella tranquillità azzurra dell’aria (F. Didon, Gesù Cristo, volume I, c. IV).
Qualcuno degli ascoltatori pensava in suo cuore: « Va bene fuggire l’avarizia: ma chi mi mantiene, chi mi veste? Bisognerebbe trovarsi ne’ panni miei e poi, altro che il tempo di servire il Signore!… ».
« Guardate, guardate gli uccelli nel cielo! — proruppe Gesù.
— Come sono beati! Non seminano, non mietono, eppure Dio non li lascia morire di fame.
Guardate, guardate i gigli nel prato! non vanno a coltivare come gli uomini, non stanno a filare come le donne: eppure, quanto sono belli! Dio li veste così.
« Ma se Dio fa questo per gli uccelli del cielo, per le erbe del prato, non siete voi da più di un uccello e da più di un’erba? Il vostro Padre celeste sa bene quello che vi abbisogna, e ve lo darà per giunta se prima cercate il regno di Dio e la giustizia ».
Nemo potest duobus dominis servire.
Chi sono questi due padroni?
L’uno è Dio che ci presenta i beni eterni e infiniti del paradiso, l’altro è il mondo che ci presenta i beni fugaci e avvelenati della terra.
« Che vi è mai di comune fra la giustizia e la nequizia, tra lo splendore e il tenebrore, tra Cristo e il mondo? » diceva S. Paolo agli abitanti di Corinto.
Ed è appunto della fuga del mondo che debbo parlare a voi che vivete nel mondo.
Né vi sembri strano: i frati, i religiosi di questi avvisi non ne hanno bisogno, perché già dal mondo vivono separati; non così voi a cui è facile dimenticare d’essere Cristiani per vivere come mondani.
Il mondo comincia dapprima col pretesto del cibo, del vestito, della famiglia, della posizione a distrarvi dal fine eterno, e poi vi perverte.
Guardatevi dunque dal mondo che distrae, dal mondo che perverte.